Economia

Vinitaly chiude col botto e 25mila buyer internazionali

Edizione 2022 da record grazie alla forte presenza di compratori tedeschi, statunitensi e inglesi
Ieri si è chiusa la rassegna di quattro giorni di Vinitaly
Ieri si è chiusa la rassegna di quattro giorni di Vinitaly
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Annata da record. Vinitaly 2022 rimarrà nella storia per l'incidenza di buyer stranieri, presenti in Fiera, in rapporto al totale ingressi: sono stati 25mila (da 139 Paesi) e hanno rappresentato il 28% del totale degli operatori arrivati in fiera (88mila).

E ciò al netto della fortissima contrazione - legata alle limitazioni pandemiche ed agli spostamenti internazionali - degli arrivi da Cina e Giappone, oltre ovviamente ai buyer russi. Per il Presidente di Veronafiere, Maurizio Danese: «Il ruolo delle fiere italiane è sempre più legato all'aumento numerico delle imprese che si avviano all'internazionalizzazione. Vinitaly, in questa edizione più che mai, si è concentrato molto su questo aspetto con un risultato molto positivo».

E come presenze dall'estero i risultati sono stati entusiasmanti. Stati Uniti e Germania si sono contesi il posto più alto del podio che è andato ad appannaggio dei primi che confermano la leadership nella classifica delle nazioni presenti. Terzo rimane il Regno Unito, mentre il Canada subentra alla Cina nella quarta posizione, davanti alla Francia. Seguono Svizzera, Belgio, Olanda, Repubblica Ceca e Danimarca. Bene, nel complesso, le presenze dal continente europeo, che hanno rappresentato oltre due terzi del totale degli esteri.

Ottime anche le performance di Svizzera, Belgio e Olanda che vedono aumentare il numero degli operatori rispetto alle passate edizioni. Si consolidano inoltre le presenze dei Paesi del Nord e dell'Est, con in evidenza Finlandia, Danimarca, Repubblica Ceca, Slovenia e Romania.

In ambito extraeuropeo, tengono Paesi come Singapore, Corea del Sud, Vietnam; in crescita l'India. Infine, anche se con valori assoluti contenuti, si dimezzano le presenze dall'Oceania mentre più che raddoppiano quelle dall'Africa. Accanto al wine lover straniero però rimane protagonista il consumatore italiano.

Numeri e prezzi

Soprattutto ora dove si addensano le nubi della possibile tempesta inflattiva. Cosa succederà? Quale canale di vendita reggerà l'eventuale aumento del prezzo della bottiglia? Quale costo sarà disposto a pagare? Il punto è stato fatto a Vinitaly attraverso la valutazione dei risultati della ricerca «IRI per Vinitaly» fatta da esponenti di Federvini, Unione Italiana Vini e rappresentanti delle insegne distributive. È emerso che i consumatori sembrano prediligere sullo scaffale sempre più le bottiglie da 0,75 a denominazione d'origine. Il loro prezzo medio continua a crescere: 5,55 euro per la bottiglia da 0,75 nel 2021 (con un aumento del 4,1% sul 2020), per un valore complessivo di quasi 1 miliardo e mezzo di euro.

I prezzi medi delle bottiglie che compaiono nella speciale classifica Iri dei vini a maggior tasso di crescita sono indicativi delle tendenze: una bottiglia di Lugana costa 7,42 euro, l'Amarone 17,68 euro, il Valpolicella Ripasso 7,22 euro, il Nebbiolo 6,70 euro, il Sagrantino 9,35 euro; il Brunello di Montalcino 20,44 euro, il Lagrein 7,18 euro. È vero anche che un supermercato non è un'enoteca e quindi lavora sui grandi volumi, ma anche il vino più venduto nella Distribuzione Moderna (DM) italiana, il Chianti spunta un prezzo medio di 4,09 euro a bottiglia, per un valore complessivo di circa 83 milioni di euro.

Un discorso a parte va fatto per le bollicine: nel 2021 sono cresciute a volume del 17,9% e a valore del 20,0%, un successo dovuto alla loro prepotente entrata nel rito degli aperitivi, dal sempre maggiore gradimento dei giovani, e dallo sdoganamento come vino da pasto. Bisognerà, anche in questo caso, attendere i dati di Pasqua, una ricorrenza importante per le bollicine, per capire se performance così rilevanti potranno essere, almeno in parte, mantenute.

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