Economia

Il settore armiero arretra: nel 2024 prodotto il 20% di armi in meno

Flavio Archetti
I dati del Banco di Prova: nei 12 mesi testati 811mila pezzi; le «corte» sportive in flessione del 34%
Un fucile sportivo
Un fucile sportivo
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Per il settore delle armi sportive il 2024 è stato un anno difficile. L’andamento della produzione e del mercato, che si riflette in modo diretto nel lavoro del Banco nazionale di prova di Gardone Valtrompia, dice che nei dodici mesi dell’anno appena concluso si sono testate 811.708 armi e parti di armi, in calo di 210.120 pezzi rispetto al milione e 21.828 del 2023. La flessione percentuale è di 20,5 punti.

Quella in corso potrebbe essere una tendenza che va oltre il breve, visto che anche nel 2023 le prove del Banco nazionale si erano ridotte del 10,2%, quindi di oltre 100.000 unità. A patire le difficoltà del settore sono stati tutti i tipi di arma sportiva, con la sola eccezione delle «parti sciolte», che hanno concluso l’anno in crescita del 153%, con lavorazione di 12.950 parti contro le 5.112 del 2023.

Arretrano le «corte»

Il passo indietro più consistente è stato quello delle «armi corte sportive comuni» (pistole), a cui mancano 82.970 prove, con un passaggio da 243.068 a 160.098 e una discesa del 34,13%. Flessione numerica importante anche per le «armi lunghe da caccia e sportive» (fucili), scese di 70.450 pezzi (-13,29%, passati da 530.241 a 459.791), e per le «repliche ed armi ad avancarica», sotto di 34.822 pezzi (-25%, da 137.647 a 102.825). Male anche le «armi a salve», in ribasso del 28% e 29.716 prove (da 105.760 a 76.044).

I motivi della crisi potrebbero essere tanti. Dalla concorrenza turca, «dove – come spiega il presidente del Consorzio armaioli italiani Pierangelo Pedersoli – si copia il lavoro italiano e si vende a prezzi bassi con il sostegno dello Stato», alla crisi economica generale «che sta riducendo la capacità di spesa di molte famiglie in molte parti del mondo, Stati Uniti compresi».

Nuove soluzioni

Per il presidente valtrumplino Pedersoli, alla guida dal 1988 del Consorzio che rappresenta 2.500 famiglie e 145 imprese, «il passo indietro del 2024 è un segnale ma non necessariamente un segno particolarmente funesto. Stando alle cifre siamo tornati alla normalità pre-pandemia. Certo, oggi le potenzialità del made in Italy armiero sportivo (che esporta il 95% dei suoi manufatti) sono superiori alle produzioni 2024, perché negli ultimi anni le aziende hanno investito in nuove tecnologie e sono migliorate. Questo ci costringerà a trovare nuove soluzioni e nuovi prodotti, ma è un lavoro che abbiamo sempre fatto. Quello che conta è posizionarsi in un mercato medio-alto, meno soggetto a sofferenze e sbalzi».

Cultura

In tema di pregiudiziali culturali invece il Consorzio armaioli Italiani, Anpam e Assoarmieri hanno ottenuto una divisione netta a livello di codifica Ateco tra i prodotti per l’uso civile (sport e caccia) e quelli di destinazione militare. «Per noi è importante che tutti comprendano la differenza tra armiero sportivo e armi da guerra – precisa Pedersoli – perchè questa confusione ci crea problemi seri da sempre con trasportatori e banche, che da ora in avanti potranno terminare».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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