Economia

Servono nanotubi di carbonio per misurare l'NO2 nel respiro

Una ricerca della Cattolica testata al Gemelli di Roma apre qualche speranza in più a chi ha broncopneumopatie croniche
I sensori che annusano biossido di azoto - © www.giornaledibrescia.it
I sensori che annusano biossido di azoto - © www.giornaledibrescia.it
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Secondo gli esperti, nel 2030 la Bpco, vale a dire la broncopneumopatia cronico ostruttiva, sarà la terza causa diretta di mortalità e già oggi il 55% di decessi causati da problemi respiratori può essere ricondotto a questa patologia.

Eppure, non solo si tratta di una malattia poco conosciuta, ma ancora troppo spesso viene diagnosticata con grave ritardo. Parte da qui l'idea di lavorare con dei sensori in grado di rilevare la quantità di biossido di azoto (sì il famoso NO2, quello che abbiamo imparato a conoscere come uno dei più pericolosi inquinanti atmosferici) presente nei polmoni. Per chi soffre di Bpco. «Il biossido di azoto - spiega Luigi Sangaletti, direttore del Dipartimento di Matematica e fisica dell'Università Cattolica di Brescia - è presente in quantità decisamente superiore alla media nelle persone che soffrono di Bpco. Per questo abbiamo immaginato di utilizzare dei nanotubi di carbonio per misurarne la quantità presente nel respiro per capire se si è sani o malati».

Il procedimento è piuttosto semplice: si soffia in un sacchetto di plastica (ne basta uno di quelli che di solito utilizziamo per congelare carne e pesce), all'interno del quale ci sono otto microsensori, che interagiscono con almeno cento tipi diversi di molecole presenti nel respiro esalato, ma che lavorando in parallelo possono essere particolarmente sensibili proprio all'NO2, nonostante l'interferenza di tutte le altre molecole».

Detto fatto? Mica tanto, precisa Sonia Freddi che su questo procedimento sta studiando per il dottorato in fisica: «In realtà la parte complicata è quella successiva, vale a dire costruire, come abbiamo fatto, degli algoritmi che con un'analisi statistica siano in grado di sintetizzare le informazioni raccolte per ciascun paziente dagli otto sensori, in un unico dato che si trasforma in un punto del grafico che appare sul monitor del pc».

E quindi? «Abbiamo lavorato con il Policlinico Gemelli di Roma - prosegue - testando i nostri "nasi" su un'ottantina di persone fra sane e malate. Quello che abbiamo visto è che tutti i punti dei pazienti affetti da Bpco finivano in una regione del grafico ben distinta da quella di chi non ha questo problema».

Uno studio, che sta per essere pubblicato e che trasformato in un prodotto presenterebbe indubbi vantaggi, aggiunge Sangaletti: «Tanto per cominciare il costo che, rispetto ad altri sistemi, è molto basso, poi è portatile e i risultati sono facilmente leggibili. Sarebbe un ottimo strumento da utilizzare negli screening». Da adulti respiriamo all'incirca fra le 12 e le 20 volte al minuto e se, per salvarci la vita, uno di questi respiri lo facessimo in un sacchettino? Info a dipartimento.mf@unicatt.it.

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