Economia

Robot e intelligenza artificiale: occupazione a rischio anche nell’artigianato

Il comparto artigiano bresciano è ad alto «rischio automazione»: lo certifica uno studio dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia
Un robot - © www.giornaledibrescia.it
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Il comparto artigiano bresciano è ad alto «rischio automazione». Lo certifica uno studio dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia che, oltre all’impatto dell’intelligenza artificiale sull’occupazione, ha parametrato le conseguenze dell’adozione di tecnologie automatizzate da parte delle imprese anche sul sistema produttivo.

I numeri

La Lombardia è la prima regione per quota di lavoratori in ingresso maggiormente esposti all’impatto dell’intelligenza artificiale. Sono 334.770 le entrate relative alle 173 professioni con una esposizione sopra la media, pari al 32,5% (+7 punti rispetto alla quota nazionale del 25,4%), del totale. A Brescia le cose vanno meglio su questo fronte: si colloca infatti all’11° posto tra le province lombarde (prima è Milano con il 42,6%), con un tasso di entrate esposte ad un impatto dell’intelligenza artificiale sull’occupazione del 21,2%, inferiore alla media nazionale del 25,4% e del 32,5% lombardo. 

Se consideriamo però la propensione agli investimenti in AI nelle imprese con almeno 10 addetti, vediamo che la Lombardia si attesta al 9,8%, posizionandosi seconda nel ranking nazionale e che, a livello provinciale, tra le prime 10 su 107 che hanno effettuato almeno un investimento in intelligenza artificiale, troviamo Milano (con l’11,8%) Bergamo (10,1%) e Brescia (che, con il 9,5%, si posiziona decima a livello nazionale). 

Rischio automazione

Il comparto artigiano bresciano, poi, è addirittura al 5° posto nazionale rispetto al «rischio automazione». Dal focus dell’Osservatorio emerge che, nel 2021, il 23% degli addetti (pari a 985mila) delle imprese lombarde opera in settori ad elevato rischio di disoccupazione tecnologica. Soglia che per l’artigianato sale al 37,5%, con 182mila addetti, 14,4 punti percentuali sopra alla media del totale. In relazione alla composizione settoriale dell’occupazione, si evidenzia la quota più elevata di occupati in settori ad alto rischio automazione in provincia di Lecco (34,7%), Bergamo (32,9%), Mantova (32,9%) e Brescia (31,1%); rispettivamente al 5°, al 9° e al 17° posto della classifica nazionale. Nel comparto artigiano, il peso degli occupati a maggior rischio robot sul totale lo rileviamo a Lecco (42,6%), Brescia (42,3% sul totale imprese artigianato della provincia e un totale di 34.506 addetti) e Mantova (40,2%); rispettivamente al 4°, 5° e 14° posto della classifica nazionale.

Le imprese artigiane si concentrano prevalentemente in settori manifatturieri e dei servizi, relativamente più esposti alla sostituzione del lavoro con macchine. Tra le 116mila imprese lombarde coinvolte, vi si trovano attività di servizi di ristorazione, fabbricazione di prodotti in metallo, trasporto, servizi per edifici e paesaggio, abbigliamento, tessile, legno, stampa. Dal punto di vista professionale, tra le categorie più esposte troviamo: specialisti delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, dirigenti amministrativi e commerciali, specialisti delle scienze commerciali e dell'amministrazione, specialisti in scienze e ingegneria, direttori, dirigenti superiori della pubblica amministrazione. Da segnalare che, per le professioni in cui l'impatto dell’Ia è superiore alla media, si registra una più marcata richiesta dalle aziende di competenze tecnologiche.

Opportunità

Nuove nubi che si addensano all’orizzonte per le imprese? Forse, ma anche nuove prospettive che si aprono. «Rischio, ma anche opportunità - commenta Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia -. Potremo cogliere le potenzialità della diffusione di sistemi di Ia e di automazione e integrare, nonché evolvere, i processi per generare benefici all’impresa e alla comunità in cui, soprattutto quando parliamo di piccole imprese e di artigianato, l’apparato produttivo italiano ha radici ben salde. Sarà più probabile una polarizzazione della qualità del lavoro e l’attivazione di una domanda sempre crescente, e continua, di formazione». 

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