Economia

Rincari e inflazione deprimono la crescita: allarme recessione

Nel primo quarto d’anno i listini europei perdono il 9% e Wall Street il 4,2%
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A poco più di un mese dall’invasione dell’Ucraina, oltre alla solidarietà e al sostegno nei riguardi delle popolazioni sconvolte dal drammatico evento, crescono anche le preoccupazioni dei Paesi non direttamente coinvolti nelle operazioni belliche. I timori riguardano gli effetti dell’inflazione dirompente innescata dalla crisi energetica e dal caro materie prime, che già deprimono le previsioni di crescita al punto da far paventare una prossima fase di stagflazione.

Le borse

Sebbene di minore ampiezza, lo scivolone del listino milanese da inizio anno e in accelerazione dopo lo scoppio del conflitto (-18%) è equiparabile, in termini di intensità ribassista, alla caduta provocata dall’avvento della pandemia. Piazza Affari ha poi recuperato grazie ai titoli dei settori più difensivi, archiviando il primo trimestre a -8,3% a fronte di una media europea ancor più penalizzata (-9%). Meno pesante il bilancio di Wall Street (-4,2%) malgrado la forte flessione dei titoli tecnologici (Nasdaq -8,9%).

Le borse intercettano dunque le incertezze generate da un’inflazione fuori controllo, che trovano sintesi nell’inversione della curva dei tassi d’interesse statunitensi: una condizione che di norma suscita allarmi per una recessione incombente.

Le valute

Nel primo quarto dell’anno l’eurovaluta perde posizioni contro dollaro (-2,4%) nel quadro di un deprezzamento iniziato agli inizi dello scorso anno nella prospettiva di una politica più restrittiva, poi in effetti intrapresa, della Federal Reserve. L’ampliarsi del differenziale tra i rendimenti dei bond Usa ed europei favorisce il biglietto verde, che si è rafforzato anche come bene rifugio, analogamente allo yen e al franco svizzero, in concomitanza dell’attacco russo.

Le materie prime

Nel primo trimestre spiccano le performance delle fonti energetiche e gli esiti straordinari degli indici globali delle materie prime in scia agli aumenti già cospicui degli scorsi anni: + 25% l’indice Bloomberg, +26,8% l’indice Crb, +23,3% l’indice Dow-Jones trainati da petrolio (+34,1%), gas naturale (+28,3%) e carbone (+94,3%). Incrementi che risentono delle sanzioni alla Russia, che potrebbero peraltro ritorcersi contro la fragile economia europea troppo dipendente dalle importazioni.

Sono proprio i timori di penuria di commodity esportate dai due Paesi in guerra che hanno scatenato speculazioni e alta volatilità sui combustibili fossili, ma anche sui mercati siderurgici (vedi grafico a fianco), metallurgici e agroalimentari. Qualora il conflitto si risolvesse a breve termine, è probabile che le materie prime rientrino gradualmente su valori più equilibrati, ma tuttavia più elevati del passato. Se invece l’evento bellico perdurasse, l’Europa e in particolare l’Italia sono destinate a subirne le conseguenze più pesanti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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