Economia

Rapporto Abi: meno imprese, ma crescono i depositi

In provincia aumenta notevolmente il numero dei pos. Il fenomeno del phone banking
Banconote (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
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Il digitale «taglia» il numero di sportelli bancari aperti in provincia.

Gli effetti conseguenti agli anni della devastante crisi dalla quale il Paese faticosamente sta uscendo frenano gli impieghi delle banche alle imprese (in calo le sofferenze ed lievissimo in miglioramento il tasso di decadimento ovvero la percentuale di perdite sui crediti passato in un anno dal 3,4 al 2,6% con una riduzione positiva dello 0,9%), ma salgono i depositi totali dell’economia cresciuti in un anno del 9,3 % (fonte il rapporto trimestrale dell’Abi in Lombardia): a settembre 2017 ammontavano a 32.830 milioni in crescita del 9,3% sull’anno precedente e del 28,9% rispetto a cinque anni prima.

Un aumento che è stato superiore sia a quello della media regionale (9,1%), sia a del Nord Ovest (7,4%) che nazionale (5,8%). Lo scorporo del dato generale sui depositi evidenzia peraltro un aumento (da settembre 2016 a settembre 2017) del 16,7% per quelli delle attività produttive e del 6,8% per le famiglie consumatrici.

Il rapporto trimestrale Abi presenta sempre una mappa dettagliata dell’economia provinciale e dei cambiamenti che in essa si verificano. A settembre della scorso anno rispetto a dodici mesi prima è calato il numero di imprese attive (dato che comprende la più grande delle imprese bresciane fino alla più piccola), sceso da 106.964 a 106.268: calo dello 0,7% quindi minimo ma più significativo se rapportato a cinque anni prima quando le imprese attive erano 111.531, quindi con una flessione del 4,7%: l’arretramento ha interessato gran parte del mondo economico della provincia: l’agricoltura è scesa del 1,3% ( da 10185 a 10.053 imprese), l’industria in senso stretto (da 14.975 a 14.768) con un calo dell’1,4%, le costruzioni (da 17.140 a 16.807 con meno 1,9%), che hanno perso in un anno 333 unità e dal 2012 al settembre scorso 2315 aziende con un cedimento del 12,1%, i servizi passati in dodici mesi da 62.049 a 61.940 (meno 109), mentre le cosiddette «non classificabili» in un anno sono crescite del 3,3% con 85 unità. Flette anche l’artigianato che in un anno ha visto le imprese attive passare da 34.960 a 34.550 con un calo dell’1,2% che in cinque anni è tato invece dell’8,5%.

Numeri sul calo delle imprese (alcune vittime della crisi) che dovrebbero far riflettere chi ci amministra: meno imprese vuol dire meno lavoro. Con tutto quel che ne deriva. Ma chi ci amministra dovrebbe anche interrogarsi su questi numeri, cercandone le cause (ed i rimedi) negli ostacoli alla flessibilità del lavoro, nella globalizzazione vista come un problema, nei freni alla competitività. Il rapporto Abi conferma che la digitalizzazione è in piena applicazione: i pos (points of sale, ovvero il bancomat in negozio o in pizzeria) in un anno sono aumentati in provincia del 29,8% (esattamente come la media lombarda) e dell’11% in cinque anni: a dicembre 2016 erano operativi 42.323 pos; in flessione invece i bancomat disponibili sul territorio, diminuiti in un anno del 16,3%, valore praticamente allineato al numero di sportelli chiusi.

Digitalizzazione che interessa anche le imprese che hanno aumentato il numero di servizi di corporate banking del 5%, mentre l’home banking è cresciuto in provincia in un anno dell’11,1% e il phone banking del 13,6%, con 354.793 operazioni che - stiracchiando la statistica - vuol dire che un bresciano su tre almeno una volta ha effettuato un’operazione bancaria per telefono. Una strada digitale dalla quale indietro non si torna.

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