Ori Martin investe altri 34 milioni: «Ma l’Ue non tutela l’industria»

L’acciaio è come il vino: ci sono stagioni ottime ed altre meno, soprattutto quando le etichette italiane si devono confrontare con campagne ideologiche a loro totalmente esogene: si può mettere in botte il miglior vino della terra, ma i conti iniziano a non tornare.
Per l’acciaio sta accadendo qualcosa di simile: l’Ue pensa al Green deal, ma scorda i problemi del manifatturiero; prodotti cinesi, indiani e turchi arrivano in Italia senza dazi sulle importazioni erodendo i margini dell’acciaio italiano, già sotto pressione per i costi dell’energia doppi di quelli della Francia, tripli di quelli spagnoli e del 30% più cari della Germania. Ed allora puoi disporre dei migliori processi produttivi, saper fare l’acciaio bene, venderlo e comprare il rottame al meglio, ma se le regole della partita non sono uguali per tutti, il confronto sul mercato (quando subentrano criticità come la crisi della Germania) diventa impari per un settore decisivo quanto insostituibile dell’economia.
I numeri
Ori Martin lavora su questo mercato in cui ha visto i ricavi consolidati passare dai 728 milioni del 2022 a 612 milioni del 2023, effetto nella seconda parte dell’anno del calo dei prezzi. 522mila le tonnellate d’acciaio prodotte (erano state 559.446 nel 2022) e 457mila quelle di laminato, con i ricavi che scendono del 19%, effetto di un calo del 17% dei prezzi medi di vendita.
L’Ebidta è di 49,91 milioni (erano 117,3 nel 2022) e l’utile netto scende da 66,5 a 8,1 milioni. Il patrimonio (607 milioni) e una posizione finanziaria netta per 61,8 milioni consentono alla storica società di via Canovetti di guardare al futuro con assoluta tranquillità.
Lo scenario

Giovanni Marinoni Martin, vicepresidente di Ori esprime timori sulle scelte che conseguiranno al Green deal e sui tempi d’applicazione, affermando che «nonostante le palesi criticità manifestatesi a partire dalla seconda parte del 2023, il nostro gruppo continua ad investire in innovazione di processo e di prodotto, oltre ad osservare con attenzione possibili opportunità di verticalizzazione (come avvenuto recentemente con Primotecs a Villar Perosa) per ottenere e commercializzare prodotti a maggiore valore aggiunto ed essere sempre più vicino al cliente finale».
Restano però le preoccupazioni legate al mercato. «L’Europa - continua l’imprenditore -, impegnata in questo stravolgente Green deal, sta perdendo di vista la tutela dell’industria manifatturiera che sta riducendo la propria capacità competitività a livello continentale. Difficile immaginare che, senza una protezione del mercato europeo con dazi e limitazioni nelle importazioni, si possa sopravvivere all’invasione di prodotti cinesi, indiani e turchi, che godono di costi energetici inferiori, nessuna limitazione nelle emissioni ed un approccio diverso nei diritti dei lavoratori. Le imprese non sono contrarie alla transizione energetica ed ecologica, chiediamo però condizioni pari ai concorrenti e non accettiamo che chi non rispetta le regole europee possa avere spazi di mercato».
Roberto de Miranda, componente del comitato esecutivo di Ori Martin, sottolinea che «l’ultimo esercizio è stato di soddisfazione, seppur segnato da un buon primo semestre e da un difficile secondo semestre; ciò si sta prolungando anche nel 2024. Abbiamo un problema rilevante di marginalità. Rottame ed energia elettrica - quest’ultima costa il 30% in più rispetto alla Germania, il doppio della Francia, tre volte la Spagna - le nostre principali voci di costo, hanno prezzi troppo elevati, mentre il nostro prezzo di vendita ha perso più del 20%. Inoltre, troppo rottame esce dalla Ue che persevera nel non considerare il rottame una Critical raw material (materie prime critiche), quindi non esportabile, per la transizione green».

Le linee d’azione
Ori Martin lo scorso anno ha esportato il 32% del fatturato, pur in presenza di un secondo semestre fiacco e di una flessione dei prezzi attorno al 10%. A dare una mano ai conti, la verticalizzazione: il gruppo conta dieci controllate, ultima delle quali è Officine Meccaniche Villar Perosa.
Per competere sul mercato, insomma, il gruppo presieduto da Uggero De Miranda ha continuato a investire: 34 milioni nel 2023, il 20% dei quali hanno interessato l’ambiente e sono stati destinati al miglioramento della gestione delle emissioni, al trattamento delle acque, all’abbattimento delle emissioni sonore ed all’efficientamento energetico. In questa direzione va l’aggiornamento dello studio Carbon footprint che certifica il valore delle emissioni di gas ad effetto serra generate dal processo di realizzazione dei prodotti a Brescia ed Ospitaletto, secondo la norma Iso 14064:2018.
Le prospettive 2024? «Non risultano affatto positive, data l’impossibilità - rileva Ori - di recuperare valore e generare una marginalità adeguata alla copertura dei costi crescenti di materie prime ed energia, peraltro non governabili direttamente da parte delle imprese, che risentono di dinamiche a loro totalmente esterne».
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