Montini, nel futuro c’è il concordato in continuità

Chissà a quante persone, a capo chino e immerse nei loro pensieri, sarà capitato di vedere impresso su un tombino lungo le strade di una qualsiasi città, non solo in Italia, il nome Montini.
E non è un caso perché la società con sede a Roncadelle è l’ultima azienda in Italia produttrice di chiusini e caditoie, prodotti che ad oggi arrivano ormai quasi esclusivamente dai Paesi del Far East e dalla Turchia. Un marchio storico quindi quello della realtà aziendale che opera nel campo della lavorazione della ghisa per i settori delle costruzioni e dell’automotive ma che si trova a dover affrontare una situazione di difficoltà, determinata anche dalla crisi energetica direttamente collegata alla guerra in Ucraina.
La svolta però potrebbe presto arrivare, visto il provvedimento del Tribunale di Brescia, celere nello smaltire il tanto lavoro a suo carico anche a fronte del «nuovo» Codice della crisi d’impresa del 2022 che ha trasformato l’intero impianto normativo della materia, con il quale ha fissato le date in cui i creditori saranno chiamati ad esprimersi in merito alla proposta di concordato in continuità aziendale diretta tra il 4 ed il 18 novembre 2024. Giacomo Ducoli è stato nominato commissario giudiziale della procedura.
Omologa
In caso di esito positivo l’omologa si potrebbe avere per fine anno o al massimo per inizio 2025, una notizia che interesserebbe direttamente i 112 dipendenti (ai quali si aggiungono i 15-20 interinali) e le loro famiglie, impiegati nei due stabilimenti di Roncadelle e di Travagliato (la produzione per il 2025 prevede la lavorazione di 11.000 tonnellate a Roncadelle e di 16.500 tonnellate a Travagliato, per un totale di 27.500 ton).
Ma la procedura, che per Montini spa vede Arrigo Bandera (Studio Bandera) come advisor finanziario, Antonio Tavella (Studio Chiomenti) e Francesco Neboli (Studio Bandera) come advisor legali, Giovanni Rizzardi e Stefano Midolo come attestatori, arriva da lontano e ha una storia complessa alle spalle. Già nell’ottobre del 2022 infatti la società aveva chiesto l’avvio della procedura di concordato in continuità, strumento privilegiato dal Codice del 2022 per la risoluzione delle crisi: l’iter si era però arenato a fronte di complicazioni processuali derivanti dal posizionamento finanziario di un creditore.
La necessità di garantire alla società e ai suoi collaboratori proprio quella continuità tanto auspicata dal legislatore, obiettivo condiviso anche dai sindacati presenti in azienda e confermato dal costante dialogo tra sigle e proprietà, ha fatto sì che una nuova domanda venisse depositata nell’ottobre del 2023: ora sale l’attesa per la decisione del tribunale.
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