Manicomix, da negozio di fumetti bresciano a gruppo da 75 milioni

Chi pensa che i fumetti siano «roba da nerd», dovrà ricredersi. Perché dei nerd, almeno a guardarli oggi, i fondatori di Manicomix, Massimo Cuter e Lorenzo Moretti, hanno ben poco. Anzi. Forse potrebbero somigliare più a dei supereroi. E non perché ne incarnino le vesti, come novelli Superman o Batman, ma piuttosto perché sono riusciti, cosa non appannaggio di tutti, a realizzare uno dei sogni più ambiti di sempre, quello di vivere cavalcando la propria passione. Nel loro caso, quella per il fumetto ed il fantasy, appunto.
Le origini

La storia di Manicomix affonda le radici nell’ormai lontano 2004. Moretti e Cuter sono amici e compagni di università, e poco più che ventenni decidono di aprire un negozio di fumetti in via Moretto: Manicomix – Fumetti e giochi. Allora, a Brescia, esistevano solo due negozi di fumetti (l’altro era di fronte alla chiesa di San Francesco, e pochi anni dopo lo acquisterà la stessa Manicomix) ed un unico negozio di giochi, intesi come giochi da tavolo, miniature e carte e di società, con una precisa predilezione per il background storico, fantasy e fantastico.
La prima intuizione di Cuter e Moretti è quella di fondere queste due anime (ma escludendo completamente tutta la «fetta» relativa ai videogiochi) in un’unica attività, mentre la seconda è quella di far vivere l’acquisto non come l’accaparramento di un prodotto ma come una vera e propria esperienza, che dà piacere e lascia un bel ricordo. Insomma, per dirla con le parole dei fondatori di Manicomix, come un’esperienza che «diffonde felicità». La terza intuizione, non meno strategica, è quella di aprire una catena di negozi in grado di «diffondere felicità» e la quarta, decisamente strategica nella logica della crescita del business, quella di risalire la catena distributiva, passando dall’essere «semplici» venditori di fumetti ad essere sub–fornitori dei negozi stessi, sfruttando al meglio la passione ed il know how acquisiti.
Le tappe

«Abbiamo iniziato a fare piccole distribuzioni, ma ci siamo subito resi conto che il valore aggiunto era proprio che noi vendevano il nostro know how, ed aiutavamo coloro che gestivano i negozi a scegliere le cose giuste da proporre alla loro clientela», spiega Massimo Cuter che chiama in causa anche la capacità di «sradicare» alcune delle logiche sottese ai tradizionali canali distributivi, mortalmente ingabbiati nelle dinamiche di relazione con gli editori e le relative strategie di scontistica.
Nessuno dei tre grandi distributori di fumetti di allora, peraltro, prende sul serio Manicomix, e porge il fianco alla sua crescita silenziosa. Poi, arriva la pandemia che esercita un ulteriore effetto moltiplicatore. «Durante il Covid le persone avevano più soldi in tasca a causa delle limitazioni alla socialità e molto tempo da trascorrere in casa, e questo ha fatto impennare l’interesse per fumetti e anime, prima di nicchia ed oggi decisamente più popolari – continua Cuter –: abbiamo sempre avuto una crescita anno su anno, ma dal 2020 in poi abbiamo assistito ad un’impennata».
I numeri
Oggi il gruppo, che dal 2015 è diviso in Manicomix Distribuzione (che si occupa del BtoB) e Manicomix Retail (che fa BtoC), è il secondo distributore di settore dopo Panini, conta la più grande catena italiana di fumetterie (28 negozi di proprietà a marchio FunSide, di cui uno in corso Palestro ed uno ad Elnos, e 20 in franchising), un enorme magazzino logistico a Castrezzato, circa 200 dipendenti ed un fatturato che nel 2023 ha toccato i 75 milioni di euro. Ma con ulteriori ambizioni.
«Il nostro obiettivo è crescere ancora – tira corto il direttore Nicola Natale, entrato in Manicomix una dozzina di anni fa –: attualmente il fatturato è per il 50% fumetti e per il 50 giochi e gadget, ma l’idea è di puntare a conquistare fette di mercato anche oltre confine con il settore dei giochi, che non ha il problema della lingua. La maxi area logistica a Castrezzato – conclude – risponde proprio a questa logica: attrarre anche clienti esteri».
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