Manerbio, niente macello. Pini: investiamo altrove
Ha perso la pazienza, Piero Pini da Grosotto (Sondrio), e ha deciso di lasciar perdere. Il progetto per realizzare un maxi-macello di maiali a Manerbio, presentato ufficialmente poco più di un anno fa, è definitivamente decaduto.
Il gruppo valtellinese Bresaole Pini - proprietario di due macelli con trasformazione in Ungheria e Polonia - ha gettato la spugna e si prepara ad investire altrove. Troppi ostacoli burocratici, spiega Pini, e troppo poco sostegno: «Se non ci vogliono, andiamo in altre zone d'Italia o d'Europa; abbiamo molte richieste, perché di questi tempi non si chiude la porta in faccia a un imprenditore che vuole portare lavoro».
Il piano prevedeva, con un investimento di 50 milioni di euro, la realizzazione di uno stabilimento di 40mila mq - con l'insegna Hamburger Pini - su un'area di 100mila che è stata effettivamente acquistata dall'imprenditore. Nel sito produttivo sarebbero stati macellati e trasformati almeno 10mila maiali al giorno, garantendo ottocento posti di lavoro. Il modello di riferimento era il macello realizzato da Pini a Kutno, in Polonia, dove è il fatturato è di 400 milioni all'anno e l'indotto genera lavoro per altri 15mila addetti.
Nel corso del 2012, Pini ha trovato un deciso sostegno da parte della giunta di Manerbio, guidata dal sindaco Cesare Meletti. Ma la caduta del primo cittadino - avvenuta alla fine dello scorso anno - e il commissariamento del Comune hanno complicato il percorso di richiesta delle autorizzazioni. Senza dimenticare le numerose proteste scatenate dai comitati ambientalisti, e la decisa opposizione del confinante Comune di Leno, guidato dal sindaco Pietro Bisinella (è anche segretario provinciale del Pd). A fine novembre 2012, la Provincia di Brescia ha sospeso il procedimento di autorizzazione, richiedendo ulteriori documenti per approfondire gli impatti sulle componenti ambientali e sul traffico. Dettagli che Pini non intende più fornire, dopo aver detto addio al progetto bresciano.
Secondo l'imprenditore valtellinese, il principale «colpevole» è proprio il sindaco di Leno. «Bisinella - dice Pini - ci ha ostacolato in tutti i modi, senza cogliere il valore occupazionale insito in questo progetto; credo che si sia mosso così soprattutto a causa di vecchi rancori nei confronti di Meletti. Ma un sindaco - continua l'uomo di Grosotto - ha il dovere di guardare oltre piccole discussioni di provincia». Pini spiega di aver chiesto a più riprese un appuntamento con Bisinella, «ma non mi ha mai ricevuto, e venivo a investire 50 milioni: non ho parole».
Ora il gruppo valtellinese potrebbe investire in Emilia Romagna - dove sono in corso alcune trattative per rilevare macelli in crisi - oppure fuori dai confini nazionali. «Siamo un grande gruppo - conclude Pini - e ci fanno ponti d'oro in tutto il mondo: non dobbiamo necessariamente investire in Italia; mi chiedo però come possano gli italiani attendere investitori stranieri quando mettono così tanti ostacoli anche a chi proviene dal nostro Paese».
Abbiamo cercato Bisinella per domandare una replica a Pini, ma ieri il cellulare del sindaco è sempre suonato a vuoto. Restano due fatti: il team di Pini non ha effettivamente presentato tutta la documentazione chiesta dagli enti preposti. Nello stesso tempo, le Amministrazioni pubbliche - a parte quella di Manerbio, poi decaduta - non hanno certo sostenuto l'imprenditore, coadiuvandolo nella ricerca delle migliori soluzioni per evitare un impatto ambientale pesante. La conclusione - comunque si veda questa vicenda - è che il territorio bresciano, non solo a causa dei comportamenti poco ortodossi di Pini, ha gettato al vento un'importante occasione. L'ennesima.
Guido Lombardi
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