Logistica, a Brescia mancano 2.500 autisti: uno per ogni impresa

Nella nostra provincia mancano 2.500 autisti per il settore della logistica. Un numero elevato e che rende l’idea delle difficoltà che il comparto, strategico per il nostro territorio, sta vivendo dal punto di vista occupazionale. «Il problema si trascina da anni, ma adesso è diventato quanto mai grave - lamenta la segretaria provinciale della Federazione autotrasportatori italiani di Brescia Giuseppina Mussetola -. Tra l’altro tale dinamica si riscontra nel resto d’Italia e anche in tutta Europa».
I dati del Bresciano appaiono però particolarmente preoccupanti. Stando alle proiezioni fatte dall’Anita, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese del trasporto merci, nel prossimo biennio nel nostro Paese serviranno almeno 17mila persone che si mettano al volante di un tir. Ma la Fai provinciale restituisce un quadro ben peggiore: sono 2.450 aziende iscritte all’associazione e gli autisti mancanti sono più o meno lo stesso numero (36.500 il numero totale degli occupati in provincia). Ciò significa che ne manca uno in ogni impresa. E se si guarda al futuro la domanda potrebbe ulteriormente aumentare: dopotutto il comparto della logistica è entrato pesantemente anche nei piani di investimento dei fondi immobiliari. Negli ultimi mesi, molti nomi noti del mondo della finanza mondiale (come i fondi Hines, Rhenus, Krylos, Aew, Logistic Capitale e Gpl) si sono resi protagonisti di importanti operazioni immobiliari lungo le arterie principali del nostro territorio. La Bre.Be.Mi in primis.
Quali sono i problemi
«Tante realtà della logistica hanno i camion fermi e metaforicamente "si rubano" i dipendenti tra di loro per ovviare alle lacune di personale - spiega Mussetola -. Ciò si deve sia ad un grande turn over sia alla mancanza di giovani che scelgono tale professione». Per poter guidare un autocarro,inoltre, serve la patente C, la E invece per gli autoarticolati e gli autotreni, a cui si aggiunge la patente professionale europea Cqc per chi opera in aziende contoterziste. «Una volta chi faceva il servizio militare poteva convertire le patenti C ed E in civili ma ora, senza l’obbligatorietà della leva, queste figure non ci sono più o stanno andando in pensione - sottolinea la segretaria della Fai -. I giovani infatti non hanno molte volte i soldi per ottenerla (6mila euro il costo tramite autoscuola ndr). Inoltre pensano sia un lavoro vecchio e logorante, non sapendo che i camion ora sono tecnologicamente all’avanguardia».
Ulteriore problema arriva dall’estero e in particolare da quei Paesi dell’Est Europa (Romania, Ungheria, Polonia in particolare) che negli ultimi anni avevano fornito autisti alle imprese nostrane. Con l’aumento dei salari negli Stati d’origine le persone decidono di rimanere lì, di fatto lasciando «a piedi» la logistica italiana. «A queste questioni si aggiungono anche i ritardi della motorizzazione - sottolinea Mussetola -, per il rilascio delle patenti così come per le revisioni o i rinnovi».
Le possibili soluzioni, secondo la Fai
Per far fronte a questa situazione la segretaria della Fai propone «di tenere conto dell’autotrasporto in sede di organizzazione dei flussi degli immigrati - le sue parole -. Per trovare personale è però fondamentale che le patenti conseguite nei loro Paesi di origine siano riconosciute anche qui. C’è perciò bisogno di una convenzione di reciprocità, anche con Stati extra Ue». Ulteriore spinta per uscire dalle difficoltà potrebbe arrivare dal mondo della scuola, «e in special modo dagli istituti tecnici - suggerisce Mussetola -, dove si potrebbe cominciare a parlare di trasporti e logistica già nel corso del quinquennio. L’autista di oggi infatti è una figura diversa rispetto a quella del passato, ora la tecnologia gioca un ruolo quanto mai fondamentale».
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