Economia

Librai perplessi: «Riaprire? Una buffonata, non ne vale la pena»

Marco Serra si fa interprete di un sentire comune fra gli operatori del settore e scrive una lettera a 25 autorità culturali bresciane
Interno di una libreria, la chiusura per Covid arriva in un periodo già di crisi - © www.giornaledibrescia.it
Interno di una libreria, la chiusura per Covid arriva in un periodo già di crisi - © www.giornaledibrescia.it
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«È una buffonata». Non usa giri di parole Marco Serra di Serra Tarantola, storica libreria bresciana, per definire la decisione del Governo Conte di riaprire le librerie da martedì poi smentita ieri da parte della Regione che ha confermato invece il blocco. «Non mi conviene aprire perché perderei tutti i teorici benefici per me e i miei dipendenti come cassa integrazione, moratoria sugli affitti e via dicendo - sottolinea arrabbiato Serra - e poi i miei commessi mi hanno detto che non vengono al lavoro 8 ore al giorno a rischiare la vita per 1.200 euro al mese e per vendere forse due o tre libri. E li capisco. Perciò penso forse di riaprire il servizio di consegne a domicilio che dovrò gestire in prima persona. Ci ho provato all’inizio del lockdown, poi medici e poliziotti amici mi hanno detto se ero matto.

La decisione del Governo mi è sembrata il frutto di una pressione da parte dei distributori, ma senza riflettere. Che senso ha aprire se poi i clienti non possono venire in libreria? E una libreria vive sul passaggio di gente che entra magari incuriosita da un titolo in vetrina. Si può fare cassetto solo se c’è assembramento in libreria, cosa al momento non solo vietata, ma fortemente sconsigliata». Serra Tarantola ha condiviso una lettera aperta firmata da 154 librai italiani, fra cui molti bresciani, indirizzata al presidente del Consiglio Conte nella quale si rimarca da un lato l’improvvisa attenzione al mondo della cultura e dei libri ma non c’è mai stato nulla prima e soprattutto al momento non c’è nulla sul dopo.

«Dire che le imprese possono andare dalle banche a chiedere un prestito è una ovvietà, poi i soldi vanno restituiti con gli interessi e nel frattempo si sono perse settimane e mesi di mancato incasso - sottolinea sconfortato Serra - unico aspetto positivo in questo periodo è l’entrata in vigore della legge anti Amazon che vieta a tutti sconti sui libri superiori al 5%. Ma in Italia ci sono voluti 22 anni di battaglie per ottenere questo risultato, all’estero pochi mesi.

Ieri inoltre ho scritto una mail a 25 autorità culturali bresciane, dal vicesindaco con delega alla cultura ai cosiddetti stakeholder culturali per sottolineare che l’attenzione alla cultura non si misura con questi provvedimenti addirittura dannosi, ma con iniziative coraggiose per favorire la frequentazione di una libreria. Finora nessuno mi ha risposto. Il mondo delle librerie è profondamente cambiato - la constatazione amara di Serra - 30 o 40 anni fa quando venivano a presentare il libro o un firma copie Spadolini piuttosto che un Montanelli avevo la speranza di vendere oltre 100 copie, oggi l’autore di grido non solo pretende un cospicuo cashier per venire a Brescia a firmare i suoi libri, poi ne firmi una decina al massimo. Per dire che come settore stiamo morendo, ci serve davvero una mano concreta».

«Le librerie sono dei presìdi culturali che vivono costruendo relazioni - scrivono invece i librai italiani al Governo - e quando la si riduce a mero luogo di vendita delle merci non solo si tradisce il ruolo che riveste nel territorio, ma si fa finta di non vedere la differenza tra consumo e fruizione, tra cliente e cittadino. Ora, in mancanza di garanzie certe per il presente futuro, non abbiamo intenzione di esporci al solo scopo di fingere una ripresa culturale delle anime che ci potrà essere davvero solo quando sarà possibile la messa in sicurezza di tutti».

 

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