Economia

Le «1.000 Pmi che fanno grande Brescia» vantano un grande ritorno degli investimenti

Università di Brescia e GdB analizzano le performance degli ultimi cinque anni delle aziende della provincia
Un lavoratore in una Pmi - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Un lavoratore in una Pmi - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Il nostro sistema produttivo conta un buon numero di imprese che sanno distinguersi in tutto il mondo. Tra di loro vi sono anche «piccole» realtà, quantomeno dal punto di vista dei volumi, che possono però vantare notevoli performance economiche.

Anche quest’anno, l’Università degli studi di Brescia ha individuato ed esaminato un migliaio di queste fatidiche Pmi, mettendo in evidenza la loro significativa crescita nel quinquennio 2018-2022.

Lo studio, realizzato in collaborazione con il Giornale di Brescia, sarà presentato martedì 26 marzo alle 10:30 nella sala Faissola di Intesa Sanpaolo in Piazza monsignor Almici, a Brescia. All’incontro interverranno anche il presidente di Cassa depositi e prestiti, Giovanni Gorno Tempini, e l’amministratore delegato di Borsa Italiana, Fabrizio Testa.

L’analisi e i numeri presentati saranno poi disponibili a tutti dal 27 marzo nell’inserto «Le piccole che fanno grande Brescia», in edicola in formato cartaceo e online sul portale bilanci.giornaledibrescia.it.

Sotto la lente

Le mille piccole e medie aziende analizzate dal gruppo di lavoro del prof. Claudio Teodori (UniBs), prese singolarmente hanno un monte ricavi che solo in pochi casi supera i 14,3 milioni di euro. Nel loro complesso, invece, nel 2022 le stesse 1.000 Pmi hanno realizzato un fatturato di 8,6 miliardi, registrando una crescita del 14,5% sull’esercizio precedente.

Non solo. «Partendo dall’Ebitda, il valore medio nel quinquennio è in costante progresso, passando dall’11% al 12,6%», scrive nella sua relazione allo studio Teodori. Contestualmente, aggiunge il docente: «La redditività operativa complessiva (Roi) aumenta dall’8,6% al 9,5% e, in modo continuativo, dal 2020. Questo progresso è sostanzialmente attribuibile alla marginalità sulle vendite che, nell’intervallo temporale indagato, assume un valore medio dell’8,5%, passando dall’8,1% al 9,6%. Di contro - fa notare Teodori -, l’efficienza finanziaria è invariata, intorno all’unità, cioè un rapporto sostanzialmente paritetico tra vendite e capitale investito».

A proposito della redditività dal Roi, frugando nell’analisi dell’Università statale si contano addirittura 66 società con un ritorno degli investimenti superiore al 25% nell’ultimo bilancio. I nomi di queste «piccole» aziende dai «grandi» rendimenti sono elencati nella tabella a fianco. E per avvalorare le loro performance vale la pena ricordare che il Roi si calcola rapportando il reddito operativo (Ebit) sul capitale investito. «Le imprese esaminate - chiude Teodori - nel tempo migliorano progressivamente la loro situazione e, possedendo disponibilità liquide non trascurabili, possono supportare ulteriori percorsi di crescita».

Per di più, il tema della loro dimensione apre più scenari, tutti di particolare rilievo. «Va premesso che in Italia c’è un significativo sbilancio verso il capitale di debito mentre ancora limitato è il ricorso alla Borsa, al private equity o al venture capital, anche se in questi ultimi anni si vede un certo progresso - conviene il professore bresciano -. L’assenza o la non adeguatezza di risorse finanziarie rappresenta un vincolo allo sviluppo ed è quindi necessario fare ricorso a un mix di strumenti».

Non a caso questo sarà uno dei temi del confronto organizzato il 26 marzo in sala Faissola con il presidente di Cdp Gorno Tempini e l’ad di Borsa Italiana Fabrizio Testa.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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