Economia

L'antica ricetta del bisnonno riporta in vita il vecchio Noreas

Il 25enne Matteo Tevini, laurendo in Ingegneria, ha deciso di far produrre di nuovo il tipico liquore camuno
Matteo Tevini con una bottiglia di Noreas
Matteo Tevini con una bottiglia di Noreas
AA

A forza di sentirsi dire che il «Noreas di una volta era qualcosa di diverso, peccato che non ci sia più», il giovane studente-imprenditore Matteo Tevini ha deciso di studiarlo e tornare a produrlo.

Ultimo di alcune generazioni di produttori di liquori a Edolo, con l’azienda di famiglia, il Liquorificio Alta Valle Camonica, ha rispolverato le carte dei bisnonni, ritrovato l’antica ricetta scritta a pennino per realizzare l’amaro con quindici erbe selezionate e, dapprima in modo sperimentale, oggi in modo artigianale, l’ha rimesso in commercio.

Solo 1.020 litri per volta, come ricetta vuole, e sei mesi di invecchiamento, per mantenere altissima la qualità e la naturalità. Matteo Tevini, venticinquenne prossimo alla laurea in ingegneria Meccanica a Brescia, è figlio di Giovanni, titolare del liquorificio. La sua famiglia produce queste bevande - tra cui anche in genepy, il liquore alle fragoline di bosco, grappe e distillati al mirtillo - dal 1920, dapprima a Vione e, dagli anni Ottanta, in centro a Edolo. Una nicchia di mercato che continua a essere ricercata e che è in grado di proporre 28 diversi prodotti.

Il fatturato si aggira sui 200mila euro annui, per una produzione totale di ventimila bottiglie, distribuite in bar, ristoranti e supermercati della provincia, venduti nello spaccio interno e anche con un piccolo commercio on line, con clienti affezionati anche dalla Sicilia e da Parigi.

Le materie prime sono fornite da due grosse erboristerie di Torino e di Mantova, mentre il genepy arriva direttamente da un raccoglitore singolo che lo trova sul Bernina. Alcuni anni fa il liquorificio ha vinto il premio per il miglior genepy nei parchi d’Italia di Slow food. «Avevamo provato ad avviare un progetto con l’università per raccogliere le erbe in Valle - spiega Matteo - ma siamo in zona Parco ed è impossibile. Sarebbe servito anche a dare reddito a qualche raccoglitore o coltivatore, visto che alcune erbe arrivano a costare anche 140 euro al chilo secco». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Condividi l'articolo

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato