Economia

La web-tax può attendere

Il decreto, rallentato anche dalla Ue, andava emanato entro fine aprile. Per lo Stato nel 2019 un buco da 150 milioni
Ancora ritardi sulla web-tax - Foto © www.giornaledibrescia.it
Ancora ritardi sulla web-tax - Foto © www.giornaledibrescia.it
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La web-tax non decolla, nemmeno in versione gialloverde. La tassa sull’economia digitale, che l’Italia tenta di introdurre in solitaria dal 2013, dovrebbe valere sui ricavi dei colossi del web già da quest’anno ma in assenza del decreto attuativo, che andava emanato entro fine aprile, rischia di creare un mini-buco per le casse dello Stato da 150 milioni nel 2019, che diventano oltre mezzo miliardo (600 milioni era cifrata in manovra) a regime a partire dal prossimo anno.

Il decreto attuativo, di concerto tra ministero dell’Economia e dello Sviluppo economico, sentiti anche Garante per la privacy e Agcom, doveva arrivare entro il 30 aprile per fissare i servizi effettivamente assoggettati alla nuova imposta ma non ha visto ancora la luce, rallentato anche dal mancato accordo Ue sulla tassazione dei giganti del web.

All’Ecofin di marzo si è registrato infatti l’ennesimo fallimento della trattativa per giungere a una web tax europea (a causa dell’opposizione di Irlanda, Svezia, Danimarca e Finlandia), rinviando il nodo in sede Ocse. Ma l’organizzazione internazionale si è data come deadline il 2020 per giungere a una proposta condivisa e fare pagare le tasse ai colossi del web là dove generano fatturati e utile.

Nel frattempo diversi Paesi europei si stanno attrezzando - non solo l’Italia, anche Francia e Spagna hanno introdotto una imposizioni ad hoc per il digitale. A Roma il governo ha deciso in autunno un restyling della web tax già introdotta per il 2018 - e mai attuata - sulle transazioni digitali: la nuova norma prevede, sulla falsariga della web tax francese e spagnola, un’aliquota del 3% per le aziende con oltre 750 milioni di ricavi.

 

 

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