Economia

Inps, addio al bonus baby sitter e nido per le famiglie

Chi lo ha già chiesto entro l’anno scorso deve usarlo non oltre il 31 dicembre
Un asilo nido
Un asilo nido
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Addio al beneficio per il servizio di baby sitting e per il nido per le mamme che rinunciano al congedo parentale: la legge di bilancio per il 2019 non ha prorogato la norma che consentiva alle mamme di «scambiare» il congedo parentale con un bonus fino a 600 euro mensili per un massimo di sei mesi (quelli previsti per il congedo parentale facoltativo) per pagare la baby sitter o l’asilo nido.

Lo scrive l’Inps in un messaggio nel quale chiarisce che chi lo ha già chiesto entro l’anno scorso deve usarlo entro il 31 dicembre 2019. La legge di bilancio per il 2019 - scrive l’Inps - non ha previsto il rinnovo del beneficio «contributo per i servizi di baby-sitting e per i servizi all’infanzia» introdotto in via sperimentale per il triennio 2013-2015 e prorogato per il biennio 2017-2018. Pertanto dal 1 gennaio 2019, le madri lavoratrici non possono più presentare domanda per l’accesso al beneficio. Le madri beneficiarie potranno usufruire delle prestazioni lavorative per i servizi di baby-sitting entro il 31 dicembre 2019, con possibilità di dichiararle entro il 29 febbraio 2020 nell’apposita sezione del Libretto Famiglia. Non è possibile - sottolinea l’Inps - lo svolgimento delle prestazioni lavorative per i servizi di baby-sitting oltre la data del 31 dicembre 2019.

Qualora residuassero mesi interi di beneficio non fruito, questi saranno considerati oggetto di rinuncia con conseguente ripristino dei corrispondenti mesi interi di congedo parentale (il beneficio è divisibile solo per mesi). Ad esempio - prosegue il messaggio - «nel caso di lavoratrice che abbia ottenuto un contributo baby-sitting di tre mesi (importo 1.800 euro) e abbia utilizzato il contributo, al 31 dicembre 2019, per un importo pari a 610 euro, si considera oggetto di rinuncia un solo mese, mentre gli altri due si considerano entrambi fruiti in ragione del superamento dell’importo di 600 euro, che determina l'impossibilità di frazionare il secondo mese di fruizione».

 

 

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