Economia

«Il 24% degli italiani può lavorare stabilmente da remoto»

Uno studio condotto dall'economista Tito Boeri: «Rapporto che si fonda sulla fiducia»
Smart working - © www.giornaledibrescia.it
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In Italia il 24% della forza lavoro potrebbe restare in smart working stabilmente. Lo afferma uno studio condotto da Tito Boeri, economista, ex presidente dell'Inps, che vede i livelli di potenziale lavoro remoto sostanzialmente sullo stesso piano degli altri Paesi europei. È una quota molto rilevante, che apre scenari nuovi soprattutto per città come Milano molto concentrata nei servizi e dove l'impatto del lavoro da casa potrebbe restare elevato per le attività economiche basate sull'afflusso di lavoratori negli uffici fisici.

Prima del Coronavirus, lo smart working coinvolgeva in Italia solo 570mila lavoratori, con un incremento del 20% tra il 2018 e il 2019. Ovviamente molto dipendeva dalle dimensioni dell'azienda: il 65% delle grandi imprese afferma di aver avviato iniziative ne settore, rispetto al 30% delle piccole e medie imprese e il 23% della pubblica amministrazione. Boeri è anche ordinario del Dipartimento di Economia della Bocconi di Milano e non a caso l'Università è molto attiva sul tema, conscia del forte impatto che il lavoro da casa può avere ora e nei prossimi mesi sulla città. E una recente ricerca di Simona Cuomo e Zenia Simonella individua come la «fiducia» sia alla base del lavoro agile.

«Il rapporto tra impresa e lavoratori dovrà sempre di più fondarsi sulla fiducia. I leader - afferma lo studio - dovranno abbandonare il loro vecchio stile dirigenziale passando a uno che privilegi la collaborazione, il coinvolgimento attivo, l'autonomia e la responsabilità dell'individuo nel raggiungimento degli obiettivi. In quest'ottica, la comunicazione diventa centrale per evitare di perdere il contatto con i collaboratori in remoto e di creare isolamento».

Rispetto a questa direzione di cambiamento culturale, le preoccupazioni più diffuse, emerse anche nell'indagine globale Remote Leadership Survey condotta su 225 manager che gestiscono gruppi in parte in remoto, sono legate al tema del controllo, con le domande ricorrenti che sono: «Cosa staranno facendo le persone?», «Dove saranno?», «Avranno capito il mio messaggio?», «Rispetteranno i tempi?». Lo dice la ricerca dell'università milanese, che si sta ponendo il problema in una città che cambia e nella quale i dipendenti non sono più a contatto diretto con superiori e colleghi.  

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