Economia

I frantoi bresciani sono senza olive

Tra il Garda ed il Sebino molti impianti non hanno nemmeno aperto. A casa i 120 lavoratori stagionali
Loading video...
ANNO NERO PER L'OLIO BRESCIANO
AA

Il 2021 sarà ricordato come l’anno nero dell’olivicoltura. Dal Garda al Sebino le piante quest’anno sono senza olive, i cali produttivi mediamente oltre l’80%, sono dovuti alle gelate arrivate nel periodo di fioritura ed alla presenza di nuovi patogeni. Ad essere colpiti sono anche i proprietari dei frantoi.

A Brescia tra grandi e piccoli ce ne sono 35: la maggior parte presenti sul lago di Garda anche se non ne mancano sull’Iseo, in Franciacorta e in Valcamonica. I frantoi della nostra provincia - come certificato dai dati di Aipol, l’associazione interprovinciale dei produttori olivicoli lombardi - nel 2020 avevano macinato 9.313 tonnellate di olive per una produzione olearia di oltre 1 milione di litri. È un settore di nicchia ma che contribuise a generare benessere, e nei due mesi che vanno da inizio ottobre alla fine di novembre dà lavoro a 120 operatori. Se si considera che oggi il costo per la spremitura è di circa 25 euro al quintale, il giro d’affari stimabile nel 2020 è stato di 2 milioni e 500 mila euro.

A questo va aggiunto il commercio dell’olio, sempre più prezioso per le sue qualità e di sempre maggior valore economico. Quest'anno la perdita di produzione e fatturati si aggira intorno al 90%. Qualche frantoio non ha nemmeno alzato la saracinesca, la maggior parte invece ha lavorato pochi giorni e qualche giorno è in programma da qui a metà di novembre, ma si tratta di numeri molto ridotti.

Fino a oggi – il dato è ancora di Aipol – si sono lavorate meno di 200 tonnellate di olive, quando per esempio nel 2019, anno considerato molto scarso, si era raggiunto il tetto delle 700. A salvare il salvabile sono riusciti soprattutto i frantoi con impianto tradizionale, che stanno accettando anche chi si presenta con raccolti molto modesti, di 80-90 chili.

Per Giovanni Avanzi, frantoiano gardesano di Menerba del Garda, conduttore del Frantoio Avanzi di via Trevisago, si è alle prese con «una stagione difficilissima». «Rispetto al 2020 lavoreremo il 10-15% delle olive totali – ha raccontato – però siamo aperti. Ci eravamo preparati alla stagione in corso investendo in un frantoio più grande, dotato di un decanter più capace, invece non siamo stati fortunati. Vorrà dire che lo metteremo alla prova nel 2022».

Giovanni Avanzi © www.giornaledibrescia.it
Giovanni Avanzi © www.giornaledibrescia.it
L’impresa Avanzi di Manerba è all’opera dal 1995, fondata dai fratelli Gian Pietro e Alessandro Avanzi. Ci lavorano quattro persone. Dal Garda all’Iseo e alla Franciacorta: cambia il territorio senza che cambi il risultato. Nell’Ovest bresciano i frantoi «La masna dell’isola» di Carzano di Monte Isola e «Sapore d’olio» di Rodengo Saiano, valutano perdite comprese «tra il 90 ed il 95%». «Abbiamo aperto sia a Rodengo che a Monte Isola una manciata di giorni – spiega Angelo Gallizioli della cooperativa agricola Clarabella – ma i risultati sono questi. L’anno scorso avevamo lavorato eccezionalmente, più o meno 7.000 quintali, comunque la nostra media si aggira tra i 4.000 e i 5.000 quintali a stagione».

Angelo Gallizioli © www.giornaledibrescia.it
Angelo Gallizioli © www.giornaledibrescia.it
Come mitigare i fortissimi sbalzi di lavoro da un anno all’altro è il grande tema del momento. Per i due esperti Avanzi e Gallizioli «si può incidere dal punto di vista fitosanitario, programmando e intensificando le lotte biologiche ai parassiti che danneggiano le olive, come la mosca olearia, la cimice asiatica o la vespa samurai. Contro i capricci sempre più insistenti della natura invece c’è poco da fare».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato