«Ho venduto la mia start up nella Silicon Valley»

«Cercate cose di valore che non sono valorizzate. E valorizzatele». È lo «stay hungry, stay foolish» firmato Federico Feroldi, programmatore bresciano, mentore per due giorni in patria, a Talent Garden (Tag) prima e all'Itis Castelli (dove si è diplomato nel '94) poi. Già, in patria. Perchè nell'ultimo anno e mezzo, insieme alla moglie, ha fatto il coast to coast delle startup: dalla Silicon Valley a New York.
Chi è Federico Feroldi non è presto detto, perchè il curriculum (rigorosamente su LinkedIn) è abbastanza lungo a dispetto dei suoi 38 anni. La sua storia inizia a scriverla con i codici, nel 1997, alla Logicom, società di sviluppo di pagine web che diventerà poi BresciaOnLine. Negli anni dell'esplosione di internet il salto in Jumpy, poi si apre la prima finestra sulla Silicon Valley grazie all'impegno in Yahoo. La voglia di una startup tutta sua cresce, finchè in Germania, alla Vodafone, un collega si trasforma in socio e nasce Coderloop: una serie di puzzle-games per valutare le capacità di uno sviluppatore software, un esperto di database o un tecnico di sistemi.
Come è nata Coderloop?
In ogni società per cui ho lavorato ho avuto la possibilità di conoscere problemi diversi e diverse soluzioni. In Vodafone ci siamo resi conto che si spendevano davvero molti soldi per filtrare i curricula. Abbiamo iniziato a lavorare part-time allo sviluppo di una startup che potesse essere utile: abbiamo capito che l'idea era buona, quindi siamo tornati in Italia e ci siamo dedicati interamente al progetto Coderloop.
Due programmatori, un'idea ma nessun business plan. Come avete fatto il salto?
Abbiamo avuto la fortuna di incontrare un terzo socio pronto ad andare nella Silicon Valley. Abbiamo cercato un partner nel modo più semplice: su Google. Abbiamo trovato Gild, una società che fa più o meno quello che fa Coderloop, solo in formato cartaceo e non digitale. Per qualche mese abbiamo lavorato insieme in modo da integrare le due tecnologie, poi ci hanno chiesto di vendere. Venivamo da 18 mesi economicamente difficili... Alla fine abbiamo accettato.
Nessun pentimento?
Nessuno. Eravamo orgogliosi di essere riusciti ad entrare in una società più grande.
Come si calcola il valore di una startup?
Ci sono alcuni parametri: l'ultimo round di finanziamento, per esempio, può essere il valore di partenza per la vendita. E si analizzano anche i competitor. Poi, certo, la trattativa ha sempre la sua parte... (Sorride).
Ma viene prima l'idea o prima il business model?
Senza dubbio l'idea. Nel nostro caso il business model è arrivato dopo dieci mesi di lavoro, dopo che avevamo già sviluppato la tecnologia. Le startup nascono da chi scrive i codici, non da chi scrive i business model.
Quindi contano più le persone o i piani di business?
È il team che deve essere in gamba, non ho mai sentito di finanziamenti basati sui business plan. Soprattutto nella fase iniziale di sviluppo, il rapporto è di 9 a 1 in favore delle persone.
Da Gild, a cui avete ceduto Coderloop, a Gilt, per cui lavori adesso. Da una costa all'altra, da San Francisco a New York, considerata la nuova Silicon Valley della costa orientale. Quali sono le differenze?
Nella Silicon Valley una startup può trovare risorse abbastanza facilmente, soprattutto per quel che riguarda gli sviluppatori. L'offerta, però, non è sufficiente: se siete bravi programmatori sicuramente troverete da fare. Basta iscriversi a LinkedIn localizzandosi a San Francisco per ricevere almeno una decina di mail per colloqui nel giro di un giorno. La rete, poi, è molto densa: in piccoli paesini c'è una concentrazione altissima di startup e tutti si conoscono. Basta uscire a bere una birra per trovare qualcuno che ti aiuti a risolvere un problema o il futuro socio con cui fare business. E poi se mandate una mail a qualche grosso gruppo, persino un Ceo può trovare un'ora del suo tempo da dedicarvi.
Adesso però sei a New York, perchè la scelta di spostarsi?
Perchè volevo conoscere anche la costa orientale e perchè le opportunità sono diverse. A livello di startup c'è meno competizione e, a differenza di San Francisco, può essere che le nuove società nascano dal business plan perchè sono più legate al mondo della moda, dell'e-commerce, del design e della finanza. Nella Silicon Valley invece vanno più progetti social e mobile. New York si candida ad essere futuro e alternativa per lo sviluppo delle startup, a diventare una nuova Stanford creando una nuova università.
Quali sono le competenze richieste ad un programmatore?
Java, Scala, Ruby, Html... Non importa quali siano le competenze con i vari codici di scrittura. Le aziende cercano buoni programmatori con esperienza, indipendentemente dai linguaggi. I titoli di studio sono dati per scontati, servono per scremare i curricola, ma al momento della selezione contano poco: bisogna dimostrare di saperci fare, il linguaggio di programmazione poi si impara. Insomma, conta più quanto appari sulla rete e quanto hai fatto online. Bisogna sapere se si vuole entrare in un'azienda, tenendo conto che un programmatore serio guadagna tra i 100mila e i 180mila dollari all'anno, oppure se si vuole investire su un proprio progetto di startup.
Gli Stati Uniti sono allora l'El dorado delle startup?
I vantaggi certamente non mancano: ci sono più capitali a disposizione che in Italia e possono farti crescere a velocità decisamente superiori. Quel che più conta, però, è che negli States, così come ormai anche a Londra e Berlino, ci sono molte più persone con esperienza. In Italia manca un ecosistema in cui capitalizzare le esperienze di altri, mancano grandi aziende di sviluppo. Non sono solo le norme del governo che determinano la crescita delle startup, anche gli Stati Uniti hanno i loro problemi: i programmatori, per esempio, non sono sufficienti, ma le aziende possono farne arrivare solo un certo numero per via del tetto di visti di lavoro messi a disposizione ogni anno.
Tendenze e consigli?
Il futuro è certamente nel commercio e nella condivisione di informazioni. Il consiglio è di essere buoni osservatori: cercate cose di valore che non vengono valorizzate, come capannoni industriali vuoti o spazi che potrebbero rivivere. Partite da lì per sviluppare la vostra idea. E state a contatto con la gente: solo lì si trovano problemi da risolvere e persone che possono aiutarvi a sviluppare le risposte.
Giovanna Zenti
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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