Green, innovativa, sicura e coesa: l’Europa immaginata da Draghi

Pochi giorni sono passati dalla presentazione del Rapporto sulla competitività europea presentato da Mario Draghi. Pochi giorni ma l’eco di quelle 327 pagine si farà sentire per molto tempo. Perché, vuoi la credibilità dell’ex presidente della Bce vuoi le difficoltà che l’Europa sta vivendo sotto tanti profili e che stanno facendo vacillare «le fondamenta sulle quali abbiamo costruito» citando le parole dello stesso ex premier italiano, questo vasto corpus per una nuova strategia industriale europea era atteso come l’ossigeno.
Innanzitutto Draghi mette in guardia dai rischi nei quali l’Europa potrebbe, verrebbe da dire facilmente, incappare. Rischi di portata epocale «e se non riuscirà a diventare più produttiva, saremo costretti a scegliere. Non saremo in grado di diventare allo stesso tempo un leader nelle nuove tecnologie, un faro di responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni».
Aree d’intervento
E per vincere questa «sfida esistenziale» sono tre le aree di intervento identificate cioè innovazione, colmando il divario con gli Stati Uniti e la Cina in special modo nelle tecnologie avanzate, decarbonizzazione e infine sicurezza, sia come difesa sia come indipendenza sul fronte materie prime strategiche. Il tutto poggia su ciclopico piano di investimenti (aggiuntivi) da 750-800 miliardi di euro annui, pari al 4,4-4,7% del Pil dell’Ue nel 2023: si pensi che il Piano Marshall ammontavano a circa l’1-2% del Pil. E qui iniziano i problemi.
Problemi…
Se è vero che von der Leyen era al fianco dell’economista nel corso della presentazione, la stessa ha frenato quando si è parlato di «common safe asset» cioè degli eurobond necessari per finanziare il «piano»: «Bisogna verificare la volontà politica per tali progetti europei comuni - le parole della presidente -, poi definiremo se li finanzieremo con nuovi contributi nazionali o con nuove risorse proprie».
Ulteriore problema è rappresentato dalla posizione dei falchi in seno all’Ue, già sulle barricate quando ci fu da approvare il Next Generation Eu post pandemico. Non bisogna poi sottovalutare il modus operandi collegato al Green Deal. Se è vero che Draghi ha specificatamente fatto richiamo a una «decarbonizzazione tecnologicamente neutra», è altrettanto vero che le scelte dell’Ue nella precedente sono state molto drastiche. Per molti, soprattutto in Italia, troppo.
...e ostacoli
Ci sono poi ostacoli che lo stesso rapporto evidenzia, a cominciare dalla poca omogeneità delle azioni degli Stati. «In molti di questi settori i Paesi membri stanno già agendo individualmente e le politiche industriali sono in aumento - si legge , ma è evidente che in Europa non stiamo ottenendo tanto quanto potremmo se agissimo come comunità».
Vi sono poi tre «barriere che si frappongono» sulla strada dell’Europa, a partire dalla mancanza di «concentrazione, di focus. Prospettiamo sì obiettivi comuni ma poi non li sosteniamo fissando priorità chiare o con azioni politiche congiunte. Ad esempio affermiamo di favorire l’innovazione, ma continuiamo ad aggiungere oneri normativi alle imprese europee». Seconda barriera è lo spreco di risorse comuni: «Abbiamo un grande potere di spesa collettivo, ma lo diluiamo tra numerosi strumenti nazionali e comunitari».
Infine Draghi evidenzia come «le norme che regolano i processi decisionali non si siano evolute - recita il testo -. Le decisioni vengono in genere prese un problema alla volta, con numerosi attori che hanno diritto di veto. Il risultato è un processo legislativo in cui il tempo medio per approvare una nuova legge è di 19 mesi».
Sia chiaro, l’Europa democratica presenta ancora diversi punti di forza, «come sistemi educativi e sanitari forti e Stati sociali solidi», ma la strada da percorrere è lunga ed esistenziale. Ma «le ragioni di una risposta unitaria non sono mai state così convincenti - si chiude l’introduzione del report -, e nella nostra unità troveremo la forza di riformarci».
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