Economia

Fonderie Glisenti, un viaggio senza sosta iniziato 160 anni fa

L’azienda di Villa Carcina è «il babbo dell’industria delle armi». Il futuro nel segno dei Dalla Bona
Il quartier generale delle Fonderie Glisenti - Foto © www.giornaledibrescia.it
Il quartier generale delle Fonderie Glisenti - Foto © www.giornaledibrescia.it
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Non era - come Steve Job aveva suggerito ai giovani che oggi guardano al loro futuro - né folle né affamato Francesco Glisenti quando, nel 1859 quindi 160 anni fa, decise di dar vita alle Fonderie Glisenti di Villa Carcina. Con sé portava una sana audacia sperimentata nella vita militare, nella politica e nell’attività imprenditoriale diventando, come lo ha definito il professor Sergio Onger nel volume sulla storia della famiglia «il babbo dell’industria delle armi in Italia».

La Fonderia nasce come unità produttiva in un sistema industriale che comprende la miniera Alfredo, l’alto forno di Tavernole, due officine di forgiatura al maglio ed un’officina di lavorazioni meccaniche: insomma un sistema d’imprese integrate che produrranno sì getti da fonderia e forgiati, ma - neppure 40 anni dopo la nascita - anche due modelli di una «vetturetta» a due posti con motore Bernardi, cannoni da grandine, stufe, fontane, presse per spremitura.

La Glisenti tuttavia, nonostante le diversificazioni, resta primario fornitore di armi al servizio dei governi europei e asiatici, vendendo all’esercito italiano circa 60.000 pistole calibro 10,35 (la famosa «calibro Glisenti» ribattezzata per la sua caratteristica forma venne soprannominata «coscia di agnello»), 25.000 fucili Vétterli, ma anche 24.000 fucili Chassepots per il governo francese. A rendere omaggio agli imprenditori, ai lavoratori ed allo stabilimento di Villa Carcina il 23 agosto del 1890, guidati da Giuseppe Zanardelli, arrivano così il re d’Italia Umberto I, la regina Margherita e il principe di Napoli Vittorio Emanuele, futuro.

Nel 1907 l’attività estrattiva di Bovegno e quella armiera vengono ceduti e, contemporaneamente, a Villa i Glisenti ristrutturano la fonderia di ghisa. Negli anni ’50 la produzione è ormai standardizzata: ai getti di ghisa per i basamenti degli autocarri e le pompe idrauliche si affiancano i primi esperimenti di fusioni in ghisa sferoidale, duttile e con migliori caratteristiche meccaniche, sperimentata negli Stati Uniti, prodotto in cui la grafite, anziché sotto forma di lamelle, si presenta in noduli sferoidali, collocando la società fra le primissime fonderie in Europa nella produzione industriale di questo nuovo tipo di ghisa con getti fino a 350 kg.

Nel 1980 la fonderia viene rilevata dalla famiglia di Giovanni Dalla Bona che, nonostante il delicato periodo per l’industria fusoria italiana, apre una nuova fase: affina il metodo che aveva consentito di affrontare con successo tutte le sfide della modernità, specializza la produzione di getti per l’industria dei trattori, delle macchine movimento terra e per i veicoli industriali struttura un impianto di 30.000 metri con una capacità produttiva di 30.000 tonnellate di ghisa. Nel 1987, l’azienda adotta un nuovo e moderno impianto di formatura, agli inizi degli anni 2000 installata una nuova linea di formatura e porta a 5 i forni fusori.

Nel 2010, Confindustria premia l’azienda con un riconoscimento per i primi 150 anni e lo stesso anno c’è il nuovo sistema automatico che rivoluziona il reparto anime. Il resto è storia d’oggi: 56 milioni di ricavi a fine 2018, conti sempre in ordine e solida occupazione. Il viaggio, guidato, da Roberto Dalla Bona verso altri nuovi 160 anni prosegue.

 

 

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