Confindustria, corsa a cinque per la presidenza

Partita ancora aperta per la prossima presidenza di Confindustria con la scadenza del voto di designazione di fine marzo che si avvicina e con cinque industriali che stanno sondando il consenso. Così, con cinque possibili candidature, appare al momento naufragato il tentativo di rimarginare vecchie fratture e far convergere il voto su un candidato unico.
Il clima è sereno in via dell'Astronomia, lontano dal momento in cui si potrebbe delineare una «sfida a due» e si potrebbero così accendere gli animi come accaduto nelle ultime due tornate chiuse al fotofinish, con una Confindustria divisa in due da una manciata di voti, quando nel 2012 Giorgio Squinzi ha superato Alberto Bombassei (93 a 82) e quando nel 2016 Vincenzo Boccia - oggi al termine di un mandato non rinnovabile - è prevalso su Alberto Vacchi (100 a 91).

Mai confermata ufficialmente, la possibile candidatura del leader di Assolombarda Carlo Bonomi è data per scontata ormai da lungo tempo: l'ampio anticipo con cui è circolato il nome lo ha reso l'avversario su cui prendere le misure. Guida la principale associazione territoriale (Milano, Lodi, Monza, Brianza e, con la fusione di pochi giorni fa, ora anche Pavia): nato a Crema nel 1966, è imprenditore del biomedicale, presidente di Synopo.

La prima sfida è arrivata dalla vicina Brescia ed ha aperto una divisione già sul territorio, tra imprenditori lombardi: è quella di Giuseppe Pasini, classe 1961, presidente dell'associazione bresciana (che ha alzato il velo sulla candidatura già a settembre innescando qualche malumore per il mancato rispetto delle liturgie confindustriali): l'azienda di famiglia nell'acciaio, il gruppo siderurgico Feralpi, gli garantisce un profilo industriale «doc».

C'è grande attenzione, poi, sull'attuale vicepresidente Licia Mattioli che si è ritagliata un impegno, apprezzato, sul fronte dell'internazionalizzazione delle imprese e l'attrazione di investimenti esteri. «Ha una forte esperienza, è una donna, è volitiva, potrebbe bene interpretare i cambiamenti che Confindustria dovrà affrontare», dice di lei il presidente di Confindustria Piemonte, Fabio Ravanelli. Classe 1967, nata a Napoli ma torinese d'adozione, guida la Mattioli Gioielli.

Emiliano, classe 1973, azienda di famiglia nel settore delle strutture in legno (la Sistem Costruzioni), anche Emanuele Orsini è accreditato tra le candidature in cantiere. In Confindustria è visto come il possibile outsider: si è guadagnato visibilità e simpatie passando per l'ascesa, nel 2017, al vertice della federazione di settore FederLegnoArredo.

La quinta possibile candidatura, anche in questo caso non confermata nè smentita, ha il richiamo del forte brand di una grande azienda di famiglia; potrebbe essere però penalizzata da una presenza non altrettanto incisiva nella vita interna di via dell'Astronomia: è quella del triestino Andrea Illy, classe 1964, presidente della Fondazione Altagamma, che già con il suo libro «Italia felix. Uscire dalla crisi e tornare a sorridere» punta a ritagliarsi spazio in un dibattito per un «progetto Paese». Il fratello Riccardo ha avuto una ribalta anche politica (ex sindaco di Trieste, ex presidente del Friuli-Venezia Giulia).
A fine gennaio verrà eletta la commissione dei saggi che verificheranno le auto-candidature e sonderanno il clima nelle diverse articolazioni del sistema di rappresentanza degli industriali per far emergere eventuali altri nomi. A fine marzo il voto del Consiglio Generale per la designazione del futuro presidente, a maggio l'elezione in assemblea.
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