Economia

Brexit: a rischio vino, formaggi e ortofrutta per 3,4 miliardi

Senza un accordo tra Ue e Londra, dal prossimo anno torneranno i dazi. Oggi incontro tra Johnson e le istituzioni europee
Nel giugno 2016 il fatidico referendum per l’uscita dalla Ue
Nel giugno 2016 il fatidico referendum per l’uscita dalla Ue
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Occhio alle sogliole. Per Londra quello della pesca in acque del Regno Unito da parte di pescherecci europei è uno dei principali scogli per un accordo con l’Ue. Tutte le carte però dovrebbero essere scoperte oggi, quando è programmato l’incontro fra il Primo ministro britannico e le Istituzioni europee. Le premesse non sono positive, per Paolo De Castro europarlamentare che guida la delegazione del Partito Socialista europeo sulle questioni agricole, la Brexit «Va molto male. Avendo partecipato ai monitoring group del Parlamento europeo che sostengono i negoziati guidati da Michel Barnier ho la chiara sensazione - ha dichiarato ad Agra Press - che la controparte britannica voglia un no deal. La prova maggiore di questo è che i britannici hanno pubblicato le tariffe per le importazioni di prodotti alimentari dall’Unione Europea».

Per Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura: «Sarebbe dannoso se al pesante impatto sociale ed economico dell’emergenza coronavirus si aggiungessero dall’inizio dell’anno venturo le conseguenze di un mancato accordo commerciale tra Ue e Regno Unito». Eppure siamo a quasi quattro anni dal fatidico provvedimento votato dal Regno Unito nel referendum del 23 giugno 2016. Dopo il recesso è partito un periodo transitorio esteso fino al prossimo 31 dicembre, durante il quale continuano a valere sul piano bilaterale le regole dell’Unione. Senza un accordo, dall’inizio del 2021, sull’interscambio commerciale si applicherebbe la normativa dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) con il ripristino dei dazi doganali e dei controlli alle frontiere.

Ma quanto vale il Regno Unito per la nostra agricoltura? Le esportazioni agroalimentari italiane verso il Regno Unito ammontano a 3,4 miliardi di euro l’anno: vino e spumanti sono i prodotti più apprezzati dai consumatori britannici ma giocano un ruolo importante anche formaggi e ortofrutta trasformata. Fare previsioni risulta difficile anche perché dietro l’angolo potrebbe esserci qualche mossa a sorpresa visto che il periodo della pandemia per il coronavirus in Gran Bretagna vive momenti ancora complicati. Di certo quello della Brexit non è l’unica preoccupazione per il mondo agricolo. L’annuncio da parte degli Stati Uniti dell’apertura di nuove indagini sulla Web Tax adottata o all’esame di partner commerciali come l’Italia e l’Unione Europea potrebbe comportare l’imposizione di nuovi dazi in un momento già drammatico per le esportazioni Made in Italy, in calo del 43,4% negli Usa ad aprile con l’emergenza coronavirus.

È quanto afferma la Coldiretti in riferimento alla pubblicazione da parte dell’Ufficio del Rappresentante al Commercio degli Stati Uniti (Ustr) dell’apertura di nuove indagini sulle tasse sui servizi digitali per decidere eventuali misure di ritorsione. «Gli Stati Uniti sono il principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari Made in Italy fuori dai confini comunitari e il terzo a livello generale dopo Germania e Francia» denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che «occorre impiegare tutte le energie diplomatiche per superare inutili conflitti che rischiano di compromettere la ripresa dell’economia mondiale duramente colpita dall’emergenza coronavirus».

La minaccia - sottolinea la Coldiretti - riguarda direttamente l’Italia e l’Unione Europea che nell’ambito del nuovo piano di aiuti da 750 miliardi di euro, il cosiddetto Fondo per la Ripresa o «Next generation Eu», potrebbe anche includere una nuova tassa sul digitale (web tax). La nuova guerra commerciale - continua la Coldiretti - rischia di avere effetti devastanti sul settore agroalimentare Made in Italy già penalizzato dall’entrata in vigore dei dazi il 18 ottobre dello scorso anno con l’applicazione di tariffe aggiuntive del 25% su circa mezzo miliardo di euro di esportazioni di prodotti agroalimentari nazionali come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Provolone, Asiago, Fontina, ma anche salami, mortadelle ed altri prodotti.

 

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