Nel Bresciano i redditi sono più bassi rispetto a Milano e Bergamo

Il reddito dei bresciani è inferiore a quello dei bergamaschi (di circa duemila euro l’anno) e di molto rispetto a quello dei milanesi (di oltre seimila euro). Ma è anche sotto di quasi tremila rispetto a quello medio di tutti i lombardi. Insomma, anche una delle province storicamente più produttive d’Italia risente pesantemente dell’incertezza economica di questo tempo. La fotografia è stata scattata dalle Acli basandosi sulle dichiarazioni presentate nei loro Caf (Centri di assistenza fiscale); oltre 68mila quelle elaborate lo scorso anno, quindi sui redditi del 2023.
«L’erosione del potere d’acquisto è stata meno marcata a Brescia rispetto ad altre provincie – ha spiegato Fabrizio Molteni, vicepresidente delle Acli bresciane –, quella che potrebbe sembrare una buona notizia necessita però di una specifica: questo dato è infatti figlio di un reddito medio pro capite inferiore al resto della Lombardia». Ha proseguito Molteni: «Le diseguaglianze di reddito a Brescia sono inferiori a quelle regionali e milanesi, segno di una maggiore equità sociale, anche se va colmato il divario di reddito rispetto a Milano e migliorato il potere d’acquisto dei cittadini bresciani».
Utenza
Per quanto riguarda nel dettaglio l’operatività dei centri Caf Acli, nell’ultimo quinquennio della provincia di Brescia è aumentata del 22,6%: un incremento nettamente superiore sia a quello registrato a livello regionale (+16,2%), sia a quello del numero complessivo di contribuenti bresciani che hanno presentato il modello 730 tramite Caf di qualunque sigla (+12,8%). Le dichiarazioni dei redditi 2023 presentate in provincia di Brescia arrivano così a pesare per il 15,4% dei 730 presentati tramite Caf Acli a livello regionale e a rappresentare il 16,4% delle dichiarazioni che, dal territorio provinciale, sono pervenute all’Agenzia delle Entrate tramite Caf di qualunque sigla.
Coerentemente con la distribuzione per età della popolazione, la maggioranza dei contribuenti sono lavoratori (59,3% nel 2023), di età compresa tra i 30 e i 66 anni. Risulta sottorappresentata, rispetto alla distribuzione demografica, la fascia degli under 30 (10,6% contro una presenza provinciale pari al 14,8%); sono per contro sovrarappresentati i contribuenti più anziani (31,2% contro un’incidenza del 24,0% a livello provinciale).
Disparità
I dati presentati ieri sono un’anteprima del rapporto che verrà diffuso dopo l’estate. Ma il quadro complessivo è già abbastanza chiaro. «Dalle prime elaborazioni – ha sottolineato Molteni –emergono alcuni fenomeni preoccupanti. Negli ultimi cinque anni è aumentata la forbice tra ricchi e poveri, tutelati e precari, strutturati e vulnerabili». Non è purtroppo certo una novità, ma ad essere sparito è il ceto medio, un tempo asse portante dell’economia italiana. In virtù di questo, «molte scelte di vita (comprare casa, avere figli, prendersi cura dei propri cari) diventano sempre più complesse e impattanti; sono aumentate, anno dopo anno le difficoltà nell’accesso ai servizi di welfare (sanità, sociale, istruzione) e, dunque, ai diritti».
Analizzando le dichiarazioni dei redditi per voce di spesa, oltre il 75% delle persone ha registrato spese mediche: la media è di quasi 1.500 a testa. Non certo poco, spesa media che viene raggiunta anche sul fronte dei costi per gli immobili: dai 1.100 euro del 2019 agli oltre 1.500 del 2023.
C’è poi il fronte della previdenza integrativa, che mediamente supera i 2mila euro, ma come si può facilmente immaginare, questa è una voce di spesa che riguarda una fetta piccola di contribuente, soltanto il 7%, un dato in linea con il 2019. Un incremento particolarmente importante ha interessato le erogazioni liberali: la quota di contribuenti che hanno dichiarato questa voce di spesa è passato dal 5% del 2019 al 5,4% del 2023, con un importo passato da 386 euro a 466 euro.
Durante la presentazione si è parlato anche di evasione fiscale. «In tema di dichiarazioni dei redditi le Acli non possono esimersi dall’invitare alla legalità fiscale – ha spiegato Molteni –: la Relazione sull’economia non osservata, pubblicata sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze evidenzia, con dati chiari, che l’evasione dell’Irpef da lavoro autonomo e d’impresa è quasi dieci volte superiore a quella da lavoro dipendente. Un dato che parla da sé. Così come è evidente che il lavoro dipendente irregolare, quando esiste, raramente è frutto di una scelta volontaria del lavoratore. L’appello delle Acli è quindi: dichiarare tutti, dichiarare tutto».
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