Economia

Brescia e la crisi: addio a storiche fabbriche

Non sarà stata solo la crisi, ma certo questi mesi hanno dato una spallata decisiva a numerose aziende in bilico che hanno chiuso i battenti, o sono in liquidazione. Pezzi di storia industriale bresciana, che hanno contribuito a colorare il disegno di una provincia laboriosa. Solo considerando i casi più scottanti e noti, sono circa 1.500 i posti di lavoro saltati o in procinto di sparire.
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Non sarà stata solo la crisi, ma certo questi mesi hanno dato una spallata decisiva a numerose aziende in bilico che hanno chiuso i battenti, o sono in liquidazione. Pezzi di storia industriale bresciana, che hanno contribuito a colorare il disegno di una provincia laboriosa. Solo considerando i casi più scottanti e noti, sono circa 1.500 i posti di lavoro saltati o in procinto di sparire.
 

A Brescia le situazioni più critiche riguardano Caffaro e Ideal Clima, entrambe in liquidazione. La fabbrica chimica è stata ora ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, ma per i cento dipendenti il futuro è incerto. Per l'azienda che realizza caldaie e radiatori (103 dipendenti), invece, si profila la proposta ai creditori di concordato preventivo: intanto è stato chiesto un anno di cigs. È stata posta in liquidazione anche la Brixia Die Casting di Flero, impresa di pressofusione con 108 lavoratori: l'azienda, tuttavia, non dovrebbe chiudere, ma ripartire sotto un'altra forma giuridica e sociale.
Sono arrivate al capolinea, invece, sia la ex Eurosilver di Torbole Casaglia (20 dipendenti, per un anno in cigs), fusa dal 2007 con la società Tiemme Raccorderie (gruppo Gnutti Cirillo), che la storica Henriette di Castenedolo (realizza abbigliamento femminile, i lavoratori sono 70, da tre mesi senza stipendio e senza prospettive).
 

Tra le zone più colpite dalla crisi, troviamo la Bassa bresciana, dove hanno chiuso definitivamente tre aziende: la Meras di Manerbio (158 addetti, produce cerniere lampo per l'abbigliamento; il gruppo Riri prevede di cessare l'attività entro agosto), la Tmd di Orzinuovi (i dipendenti erano 160, produceva freni per auto prima che la capogruppo tedesca decidesse di lasciare l'Italia) e la Domina di Castrezzato (63 addetti nel settore dell'abbigliamento femminile: i marchi e il settore commerciale saranno rilevati dalla Fausta di Rudiano, ma solo 15 posti di lavoro saranno salvati).
 

In Valtrompia, negli ultimi mesi, hanno chiuso definitivamente i cancelli la Europress di Ponte Zanano (Sarezzo), fonderia che occupava 80 addetti ed era specializzata nella fusione e pressofusione di metalli non ferrosi e la Valtrompia Filati di Maclodio (36 dipendenti: produceva filati usati anche per gli interni dell'auto).  In Valsabbia sono state poste in liquidazione due maniglierie: la Giacinto Rivadossi di Agnosine (37 addetti) e la Entra di Odolo (47 lavoratori).
 

La crisi che ha colpito duramente il già debole settore tessile ha portato, nei mesi scorsi, alla chiusura della NK di Capriolo (60 addetti circa) e alla riorganizzazione del gruppo, che oggi si chiama NK Textile. Per quanto riguarda le aziende agroalimentari, è stato posto in liquidazione il Pastificio Pagani di Rovato (110 lavoratori), e anche in questo caso il futuro resta del tutto incerto.
Tra le situazioni critiche (ma non si tratta di novità legate alla crisi), ricordiamo anche le vicende Cf Gomma di Passirano (dove si sta utilizzando la cassa integrazione straordinaria) e Marzoli di Palazzolo (anche per questo stabilimento del gruppo Camozzi è stato chiesto un anno di cigs: i lavoratori sono 210).
 

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