Economia

Allarme peste suina: trema la filiera suinicola bresciana

Il virus trovato nei cinghiali tra Piemonte e Liguria non è pericoloso per l’uomo, ma mette a rischio l’export
Un allevamento di suini -  © www.giornaledibrescia.it
Un allevamento di suini - © www.giornaledibrescia.it
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Non ci sono problemi per il consumatore. Le preoccupazioni sono per l’economia, per le possibili conseguenze occupazionali e per l’export italiano. Dopo il ritrovamento di pochi - quattro per l’esattezza - cinghiali tra Piemonte e Liguria, morti a causa del virus della peste suina è scattato l’allarme. Il virus è infatti letale per alcuni animali, ma non per le persone. 114 comuni coinvolti.

Un allarme che ha determinato l’ufficializzazione di un provvedimento ministeriale che prevede il divieto di ogni attività venatoria salvo la caccia selettiva al cinghiale nella zona stabilita come infetta da Peste Suina Africana, ossia 114 Comuni di cui 78 in Piemonte e 36 in Liguria, dove la presenza di allevamenti è per fortuna molto contenuta. Nell’area circoscritta sono altresì vietate la raccolta dei funghi e tartufi, la pesca, il trekking, il mountain bike e le altre attività di interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti.

L’ordinanza in vigore per sei mesi ha l’obiettivo di «porre in atto ogni misura utile ad un immediato contrasto alla diffusione della Psa e alla sua eradicazione a tutela della salute del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale e degli interessi economico connessi allo scambio extra Ue».

Export a rischio

Ed è proprio sulle esportazioni di prodotto made in Italy che si addensano nubi minacciose: Cina, Giappone, Taiwan, Svizzera e Kuwait hanno, temporaneamente, chiuso le frontiere al nostro prodotto - inteso come salumi e prosciutti - mentre Sati Uniti e Canada, ad esempio, potrebbero adottare la scelta della regionalizzazione cioè far entrare prodotti derivanti da altre zone non infette come la nostra provincia che conta un patrimonio di oltre 1,3 milioni di suini per un valore alla produzione di oltre 250 milioni. Strategia che l’Unione Europea porta avanti.

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I numeri

Sotto la lente è proprio l’export che potrebbe subire pesantissimi danni. Attualmente, l’export di salumi e carni suine si attesta infatti su 1,7 miliardi di euro (+12,2% rispetto al 2020). Principali tipologie di prodotti esportati sono prosciutti stagionati, disossati, speck, coppe e culatelli. Le preoccupazioni sono grandi anche per i riflessi che si potrebbero avere per la fase occupazionale. Tutto ciò - è bene rimarcare con forza - nonostante non siano stati coinvolti allevamenti di suini e nella nostra provincia se ne contano quasi mille. Anzi gli allevatori hanno - già da tempo - in atto misure di biosicurezza con standard elevati.

Anche la Regione Lombardia si è - nei giorni scorsi - prontamente mossa, istituendo una task force. L’Unità di crisi, che si è riunita alla presenza dell’assessore all’Agricoltura, Fabio Rolfi, è coordinata dalla Unità Veterinaria di Regione Lombardia (DG Welfare) e composta da rappresentanti della DG Agricoltura, della DG Protezione civile, dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna dei Dipartimenti Veterinari delle Ats, della Polizia provinciale e dei Carabinieri forestali.

In Regione il patrimonio suinicolo complessivo ammonta a quasi 4 milioni e 500 mila capi - ovvero il 53% del totale nazionale e Brescia è la provincia più importante. Purtroppo la misura più efficace per contenere la diffusione della peste suina è l’abbattimento massivo dei cinghiali che sono cresciuti nel tempo in modo incontrollato e in un numero smisurato. Un Paese come l’Italia che vive di export delle eccellenze salumiere non può permettersi di avere quasi 3 milioni di cinghiali che vagano in modo pericoloso non solo tra i boschi e la pianura, ma anche nelle città. In altri Paesi europei che hanno avuto lo stesso problema, come Francia, Ungheria, Danimarca e Germania, il Governo ha fatto intervenire l’esercito per un abbattimento massivo di questa specie animale pericolosa e portatrice di malattie zootecniche.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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