Addio a Umberto Frigerio, imprenditore della fonderia di Torbole

La famiglia ha salutato privatamente ieri Umberto Frigerio, imprenditore metallurgico concittadino, mancato giovedì. Figlio unico era nato il 27 maggio del 1930 da Enrico e Ada. La fotografia che pubblichiamo offre l’immagine di un signore sereno, pago d’aver fatto tutto quanto un genitore e un imprenditore doveva fare per la famiglia e l’impresa: quelle Fonderie Frigerio.
Fondate nel 1921 dal padre Enrico (il cui papà suonava l’organo alla Pace), in giovinezza apprendista alla Perani, le Fonderie Frigerio avevano iniziato a lavorare in via Sostegno, quindi in via Gorizia, poi via Fiume e successivamente in via Trento. Sarà però il figlio Umberto - uomo di visione - con il nuovo impianto di Torbole (sorto su un’area di 37mila metri e progetto dell’ingegnere Dario Perugini) a dare la spinta da cui si è sviluppato un gruppo oggi con settecento dipendenti, che nel 2019 ha realizzato 145 milioni di ricavi con 150.000 tonnellate di fusione. Quantità che meglio aiutano a comprendere le basi di un’idea che aveva iniziato a prendere corpo due anni prima - nel 1965 - e che al termine del primo anno di attività avrebbe consentito di mettere sul mercato le prime mille tonnellate di ghisa colata.
Capo famiglia «assoluto», uomo sempre pronto a dare - ricordano i figli - con grande bontà e generosità, accondiscendeva con disponibilità al confronto dialettico, anche se le sue soluzioni - non importa se si stesse parlando di tecnica, organizzazione, problemi amministrativi o di gestione del personale - prevalevano sempre non per peso gerarchico, ma per la qualità delle motivazioni e per la solidità di un’esperienza costruita anno dopo anno fin da quand’era un ragazzino dal carattere forte. Forte al punto che - come si legge nella monografia aziendale - il futuro imprenditore lascerà prima l’Arici, poi il collegio Maremonte di Pontedilegno gestito da educatori svizzeri, quindi il Facchetti di Treviglio ed il Luzzago diretto a Brescia da don Buratti.
Umberto Frigerio, alcuni anni fa, aveva ricordato che suo «padre faceva di tutto perché facessi un lavoro diverso da suo». Non è andata così. Sposato con la signora Tina Bottazzi, padre di Laura, Enrico e Cristina, Umberto Frigerio è stato un imprenditore che aveva compreso da molti anni - responsabilizzando i collaboratori - l’importanza del saper delegare e conseguentemente di dotarsi di buoni manager. Fondeva ghisa, ma sapeva fondere capacità organizzative e competenze tecniche (per rispondere alle esigenze dei clienti aveva fatto realizzare uno strumento in grado di radiografare i getti di ghisa), convinto che l’una senza le altre mai sarebbero bastate per fare crescere l’azienda e le persone.
Oggi il passaggio generazionale è un tema di discussione e approfondimento nelle numerose business family bresciane: Umberto Frigerio in questo era stato un precursore decidendo, ancora sessantenne, di trasferire responsabilità e titolarità dell’azienda al figlio, pur continuando a seguirne a distanza evoluzione e crescita.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
