Cultura

Walter Pescara: «Muri e vele» come tavolozze, tra arte e fotografia

Tecniche particolari per dare senso figurativo a immagini cementizie e a teli staccati dalla Vespucci. La mostra sabato
Una delle immagini di Walter Pescara
Una delle immagini di Walter Pescara
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Muri e vele. Due concetti più che mai stridenti fra loro, dacché i primi rappresentano spesso limiti e le seconde richiamano spazi aperti. Ma Walter Pescara, fotografo bresciano d’adozione, li pone in dialogo nella mostra «Muri e vele» che dopodomani, sabato 3, alle 18, alla galleria di SpazioAref di Brescia (piazza Loggia 11/f) per proseguire fino al 15 gennaio 2023 (dal giovedi alla domenica dalle 16 alle 19:30; ingresso libero).

Il fatto è che Pescara, in questo nuovo progetto, ai muri dà senso figurativo, quasi... voce, cogliendone i graffiti e sposandoli con propri scatti che vi sovrappone creando una realtà terza e inedita. E, quanto alle vele, beh, ne espone parti di quattro originali provenienti nientemeno che dagli alberi dell’Amerigo Vespucci, il veliero-scuola simbolo della marineria italiana; vele su cui – come fossero carta sensibile uscita da sviluppo chimico su cui è emersa l’immagine d’un fotoscatto - ha stampato alcune foto da lui realizzate.

Alla ricerca di muri

La vocazione d’artista di Pescara, da sempre di concerto con la professione fotografica, l’ha spinto negli ultimi due anni a girare per Brescia e all’estero alla ricerca di muri che recassero segni naturali, scritte o disegni in grado di ispirarlo. Non ha trovato un Banksy, ma parecchi muri «figurativi» a cui, con la tecnica che si usa per «staccare» gli affreschi, ha... copiato ciò che li caratterizzava, in natura o per mano dell’uomo, utilizzando colle particolari per traspondere su tessuto la parte originale «illustrata» e poi in studio ha aggiunto fotograficamente un’immagine - scelta nel suo archivio o scattata appositamente - che si accordasse creativamente figurativa con ciò che c’era sul brandello murario ottenuto. Più complicato a dirsi che a vedersi, ma il risultato – nella decina di immagini risultate e ora in esposizione - è iconograficamente intrigante e notevole.

Come dice l’autore: «È fotografia + memoria stratificata: immagine cementizia stratificatasi nel tempo e immagine fotografica da essa ispirata». Dalla Trabant al Carmine. Ne scaturiscono – azzarda paragonando – «una sorta di Macchie di Rorschach fotografiche»; altrettanto stimolanti ma meno oscure di quelle che in psicanalisi si usano come test chiedendo ai soggetti «cosa ci vedono dentro».

Sul lacerto murario e all’immagine che ha passato alla tela viene insomma stampata una foto acconcia. Ecco allora una Trabant, mitico vetturetta della Germania Est pre-Caduta del Muro, con schiribizzi rossoverdi da graffitaro. E tre atlete-ballerine di blu vestite che s’esibiscono in equilibrio davanti alla facciata della bresciana chiesa di Santa Maria del Carmine, con qualche sverniciatura colorata.

Le vele

Tornando alle vele, in mostra ce ne sono quattro, su cui sono stampate le foto di alcuni dei tanti fari da Pescara ritratti anni fa in un progetto sul tema; e quattro specificamente «disarmate» dalla Vespucci durante la manutenzione in porto a La Spezia per le «Colombiadi» (ottenute grazie ai buoni rapporti con la Marina nati dal reportage sui fari che hanno prodotto anche una mostra a Taranto lo scorso settembre) su cui sono stampati gli scatti che il fotografo fece nel 1992 a Genova alla Regata storica delle navi ammiraglie. Muri e vele, dunque: tavolozze d’un racconto d’arte e fotografia.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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