«Dura, inflessibile, coraggiosa: la vita romanzo di Anna Kuliscioff»

Anna Kuliscioff «era indubbiamente una donna con un carattere molto forte. Andavi d’accordo con lei, come diceva Margherita Sarfatti, oppure eri una nemica e ti faceva la guerra, ti massacrava, non ammetteva alle altre donne la possibilità di contrapporsi. Aveva un suo salotto a Milano dove riceveva un po’ tutti. La sua grande forza era quella di avere una capacità di lettura degli eventi superiore alla normalità. Pur essendo lontana da Roma e dal Parlamento sapeva comunque l’aria che tirava. Faceva una vita molto ritirata, ma attraverso le sue relazioni era sempre informata sull’andamento di tutte le questioni».

Ad Anna Kuliscioff, nata in Crimea il 9 gennaio di un anno incerto che va dal 1853 e il 1857 (morta a Milano il 29 dicembre 1925) il giornalista e scrittore Pierfrancesco De Robertis, a cent’anni dalla scomparsa, ha dedicato un intenso romanzo biografico, «Un amore socialista» (Neri Pozza, 544 pp. 22 euro) in cui scandaglia la sua attività politica e il suo amore per Filippo Turati.
Attraverso il piano personale, vero soggetto del racconto, il piano politico e il piano storico, De Robertis mette insieme anni turbolenti e drammatici dell’Italia fino al dramma della morte di Giacomo Matteotti, una tragedia che dilaniò la Kuliscioff. Abbiamo intervistato l’autore.
Indomita e ribelle Anna crebbe in una agiata famiglia ebrea, e a 18 anni era a Zurigo a studiare filosofia (che poi cambiò per medicina). Perché la Svizzera?
La Svizzera perché le università accettavano le donne cosa che non era possibile altrove. Ma interruppe gli studi per rientrare a casa quando lo Zar prima della rivoluzione richiamò in Russia tutti i sudditi all’estero. Si laureò anni dopo a Napoli, ma una buona parte dei corsi li aveva frequentati in Svizzera, Paese che continuò a visitare anche in seguito nonostante a vent’anni avesse partecipato a due attentati, e a Lugano fu arrestata due volte. Soggiornò a lungo a Berna, Zurigo e Lugano perché aveva molti amici e soprattutto c’erano diversi circoli politici anarchici. In patria sposò Pëtr Makarevic, un rivoluzionario bakuniano, e tramite lui cominciò ad interessarsi ai disagi e alla miseria del popolo e dei contadini. Processata per le sue idee fuggì in Svizzera dove cambiò il suo vero cognome, Rosenstein, in Kuliscioff, più popolare e meno rintracciabile.
Che cosa la rendeva combattiva?
La sua grande forza era la capacità di lettura dei fatti e di unire la lucidità razionale in modo istintivo alla politica. Intuiva più di Turati quando c’erano delle svolte possibili, e quindi si preparava ad affrontarle con la capacità di saper gestire anche situazioni difficili. L’importante per capire Anna Kuliscioff e Turati è approfondire molto il rapporto personale. Ho intitolato apposta il romanzo “Un amore socialista”, perché il segreto è proprio la loro relazione. Anche fra dissidi politici, il rapporto personale non si rompe mai. Sono stati vicini per quarant’anni, e per me sono due giganti della politica del Novecento. In ambito femminile, lei è senza dubbio alcuno una protagonista imbattibile.
Il suo amore per Filippo Turati fu di serenità dopo la relazione durata sette anni (difficili) con Andrea Costa, da cui ebbe la figlia Andreina?
Lei ha vissuto con Andrea Costa il grande amore della gioventù, in quella fase irripetibile della vita in cui si ha una energia e un impeto straordinari. Con Turati vive, al contrario, l’amore della maturità e anche della protezione pur se lei lavorava e voleva essere sempre libera. Turati era molto protettivo con lei e con la figlia in anni in cui la polizia non andava tanto per il sottile: lei era russa, Turati era invece figlio di un capo socialista, una categoria politica i cui aderenti non erano molto ben visti, e nel ’98 furono arrestati tutti dall’oggi al domani.
Rivoluzionaria, medico e giornalista: che cosa animava la sua visione politica?
Lei, Costa e Turati sono veramente dei padri della Repubblica anche se la Repubblica ancora non c’era. Però il cambiamento è arrivato anche grazie a loro ed è per questo che sono figure di primo piano nel Pantheon repubblicano. L’unione sentimentale di Turati e della Kuliscioff è un qualcosa di unico in Italia. Sono un esempio di coppia che ha condiviso pienamente l’aspetto umano e politico dimostrando come il rapporto personale arricchisce l’aspetto pubblico, così come l’aspetto pubblico-politico arricchisce quello personale.
Che cosa hanno fatto di importante?
Il socialismo italiano si identifica in loro e il discorso di Filippo Turati a Livorno quando dice ai comunisti che se ne stavano andando – «guardate che abbiamo ragione noi, perché voi predicate la dittatura del proletariato ma è sempre una dittatura; predicate l’uso sistematico della violenza in politica, e questo fa il gioco degli altri che la fanno meglio di voi» -, significa che hanno visto prima degli altri tutto quello che poteva accadere. Con il fallimento del comunismo e l’affermarsi ovunque del socialismo riformista, hanno visto cento anni prima quello che sta accadendo ora.
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