Cultura

Quelle vignette «bresciane» dedicate alla Divina Commedia di Dante

Giancarlo Petrella
Il tipografo Bonino Bonini si lanciò nel progetto di un’edizione illustrata, che uscì nel 1487 incompleta
L'edizione bresciana di Bonino Bonini nel 1947
L'edizione bresciana di Bonino Bonini nel 1947
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«A cosa serve un libro senza figure?» si chiede Alice sfogliando pigramente un libro all’ombra di un albero. Forse la stessa domanda della protagonista del noto romanzo di Lewis Carroll dovevano farsi a Firenze nel dicembre del 1480 Nicolò di Lorenzo, alias Nicolò de La Magna, tipografo tedesco trapiantato in riva all’Arno, Cristoforo Landino, il più insigne docente dell’Ateneo fiorentino, e Bernardo degli Alberti, cugino del celebre scrittore e architetto Leon Battista. Convenuti presso il notaio, la vigilia di Natale di quell’anno i tre sottoscrivevano il contratto di stampa per una nuova edizione delle «tre Comedie di Dante chol chomento nuovamente composto», come mai si era vista prima.

Il progetto

L’edizione non solo sarebbe stata accompagnata dal commento inedito del Landino, ma ogni canto sarebbe stato illustrato da una vignetta incisa su rame dall’orafo Baccio Baldini su disegni di Sandro Botticelli. Anche Firenze, sebbene in ritardo, avrebbe avuto il suo Dante, anzi ne avrebbe avuto ben 1125 copie a stampa, quant’erano appunto quelle promesse dal contratto.

Un disegno per l'edizione fiorentina fatto da Botticelli
Un disegno per l'edizione fiorentina fatto da Botticelli

Non tutto andò però come previsto. Il lavoro fu terminato e la Commedia uscì dalla tipografia il 30 agosto 1481, per essere solennemente presentata adagiata su un cuscino di velluto. Ma proprio l’aspetto più innovativo aveva nel frattempo subito un brusco ridimensionamento. Delle previste cento incisioni, ne furono preparate solo diciannove, per illustrare poco più della metà dell’Inferno.

Troppo oneroso doveva essersi rivelato l’incarico per l’orafo Baldini e i fiorentini avevano gettato la spugna. L’idea di un Dante illustrato non era però venuta meno, come ricostruisce l’importante volume (per quanto in primis rivolto, lo si ammette, al pubblico degli accademici) dello studioso americano Matthew Collins, «The early printed illustrations of Dante’s Commedia» edito dalla University of Notre Dame (2024, pp. 458).

Copertina del libro «The early printed illustrations of Dante’s Commedia»
Copertina del libro «The early printed illustrations of Dante’s Commedia»

Da Firenze a Brescia

Sono trascorsi sei anni quando il tipografo Bonino Bonini, giunto a Brescia dopo una lunga e solida esperienza nel campo delle edizioni illustrate a Venezia e a Verona, mette sotto il torchio una nuova edizione dantesca corredata per ogni canto di una grande illustrazione silografica a piena pagina.

Il progetto illustrativo doveva aver coinvolto un atelier esterno, forse legato all’ambiente dei miniatori e incisori che si raccoglievano intorno ai Carmelitani. Il risultato fu di altissimo livello, soprattutto per la prima cantica, tanto da produrre uno dei monumenti del libro illustrato del Rinascimento.

L’anonimo artista responsabile delle prime silografie enfatizza le linee d’espressione dei personaggi e ne sottolinea i dettagli fisiognomici e delle vesti, tra cui la folta barba e la capigliatura di Virgilio. Qualcosa cominciò ad andare storto all’altezza del Purgatorio.

La difficoltà di rappresentare la materia teologica degli ultimi canti o il ritmo incessante della stampa devono aver procurato non pochi grattacapi alle maestranze, tanto che nella fretta compositiva si arrivò persino a riutilizzare la stessa illustrazione per più di un canto. Le silografie del Paradiso non dovettero addirittura mai essere incise e così anche l’edizione bresciana nel 1487 uscì sul mercato parzialmente priva di tutte le illustrazioni promesse.

A Venezia

Fu la tipografia veneziana a portare a termine l’impresa di un Dante interamente illustrato, che potesse competere con la tradizione dei manoscritti miniati. Bernardino Benali e Matteo Codecà il 3 marzo 1491 firmavano un’edizione scandita dalla vivacità di 97 piccole vignette silografiche a testo, ognuna destinata a illustrare gli episodi salienti del canto, e da tre grandi silografie a piena pagina che introducono le cantiche.

Una vignetta realizzata per l'edizione veneziana
Una vignetta realizzata per l'edizione veneziana

Fin dove possibile in bottega, anche per velocizzare i tempi di allestimento e consegna del pacchetto di silografie commissionate, si scelse di tradurre, in formato ridotto, le silografie a piena pagina dell’edizione stampata a Brescia quattro anni prima. Da qui discendono, in via diretta, particolari e dettagli che sarebbero poi stati a loro volta trasmessi alle successive edizioni a stampa del Poema.

Giunti a illustrare il Paradiso bisognava invece affrontare una materia nuova, senza modelli che non fossero i manoscritti miniati. E a questi dovette guardare l’anonimo artista che confezionò il set di vignette della terza cantica, riprendendone il modello a due fasce narrative: in alto Dante, Beatrice e i beati; sotto, le vicende terrene narrate dai protagonisti dei singoli canti incontrati dal Poeta. Come il drappello di «uomini poi a mal più ch’a bene usi» che trascinano a forza una monaca fuori «de la dolce chiostra». Il lettore vi avrebbe rivisto, in tutta la sua drammaticità, la vicenda terrena di Piccarda Donati.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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