Trovato nell'organo del Duomo Vecchio un biglietto nascosto 500 anni fa

Sta ormai volgendo al termine il lungo restauro dell’organo Antegnati-Serassi del Duomo Vecchio di Brescia. I lavori sulla pregiata cassa, realizzata nel 1537 dallo scultore bolognese Battista Piantavigna, sono già conclusi e si stanno montando i meccanismi che permetteranno di far ruotare le colonne delle ante d’organo del Romanino riportate nella loro collocazione d’origine dopo essere state esposte a lungo, fuori contesto, nel Duomo Nuovo. Proprio durante i lavori alla struttura, in maniera inattesa è emerso un documento - un foglietto ripiegato - nascosto in una delle colonne lignee, che reca una firma e la data 1538.
Nei prossimi giorni la ditta Mascioni riprenderà il montaggio dell’organo per concluderlo entro ottobre. Il concerto di inaugurazione si terrà nel pomeriggio di domenica 19 novembre e sarà uno dei momenti più significativi dell’anno di Bergamo e Brescia Capitale italiana della cultura.
Le scoperte
Tante le novità storico-artistiche emerse durante i lavori. La più clamorosa è stato il rinvenimento di lacerti di affreschi del Romanino sotto la calce bianca ai lati dello strumento, in una zona precedentemente occultata dalle canne ottocentesche del registro dei «Contrabassi». Dalle operazioni di descialbo sono emerse dodici figure, tra cui otto musici e quattro astanti. Nessun dubbio sull’attribuzione a Romanino, sia per motivi stilistici, sia per una chiara testimonianza dell’erudito secentesco Bernardino Faino.

Ma la vera sorpresa è stato il documento cinquecentesco assai curioso che hanno potuto vedere per la prima volta ai giorni nostri il restauratore Paolo Mariani e il direttore dei lavori Giuseppe Spataro. «Durante la ricollocazione delle ante d’organo del Romanino - racconta l’architetto Mariani - alla base della colonna di destra, in mezzo ai trucioli, abbiano notato una piccola carta, quasi invisibile poiché ripiegata in trentadue parti. In questi casi prestiamo sempre molta attenzione al rinvenimento di eventuali reperti perché non è la prima volta che spuntano monete, ossa, resti di oggetti liturgici o altro».
Il foglio ritrovato contiene due righe di testo suggellate da una data assai remota: 12 aprile 1538. Non era facile comprendere a prima vista il significato di quelle misteriose parole dialettali e si è dovuti ricorrere all’occhio esperto di Barbara Maria Savy, docente di Storia dell’arte all’Università di Padova e autorevole studiosa del Romanino, per giungere a una convincente interpretazione. Ecco, dunque, la trascrizione della carta: «Mi Pasì da Pasira si fat questi coloni de l’orgen del dom / El dì 12 de aprilil mili 538».

La traccia
«Dalle carte d’archivio - commenta Giuseppe Spataro - risulta che a Passirano erano attivi artigiani e marangoni di nome Pasino». Secondo Paolo Mariani è possibile che questo misterioso Pasì abbia voluto lasciare una traccia di sé accanto ai nomi ben più illustri dell’organaro Gian Giacomo Antegnati o dello scultore Piantavigna: «Sappiamo che al termine della costruzione di una basilica alcuni capimastri erano soliti incidere i propri nomi nel marmo o nel cotto; ritenevano che il loro lavoro fosse importante, anche se subordinato al progetto architettonico». Qualcosa del genere deve aver pensato il nostro Pasì, artefice delle colonne girevoli ai lati dell’organo, lasciandoci questo suo singolare messaggio in bottiglia.
Realizzate nel 1539, le ante d’organo del Romanino raffigurano la Natività, lo Sposalizio e la Visitazione della Vergine. Non sappiamo quando furono rimosse dalla cassa: probabilmente ciò avvenne prima dell’Ottocento. All’epoca non si prevedeva che qualcuno in futuro avrebbe voluto ripristinarle. La ricollocazione si è rivelata molto impegnativa, specialmente per quanto riguarda le fasi di fissaggio dei telai alle colonne, ma d’ora in poi tutti potranno ammirare la meravigliosa opera del pittore nel suo luogo d’origine, sia ad ante aperte, sia ad ante chiuse.
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