Cultura

Tra «Gloria» e «Ti amo»: viaggio nella storia di Umberto Tozzi

Giovedì sera il cantante sarà a Brescia per il concerto celebrativo dei quarant'anni di «Ti amo»
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Erano gli anni Novanta e Antonio Albanese, nei panni eccentrici di Epifanio, abbozzava spavaldo: «Voglio dirti due parole d’amore: la prima è "Ti", la seconda "amo"». A sublimare - in parole e musica - l’accoppiata, ci aveva pensato nel 1977 il torinese Umberto Tozzi, allora 25enne di belle speranze con fluente chioma rossa a dominare lo sguardo azzurro. Con lui e con il paroliere Giancarlo Bigazzi, l’espressione «Ti amo» assunse veste nuova, conquistando un pubblico indifferenziato che la cantò senza sosta per molti anni. Sono passati quattro decenni, e Tozzi continua a sussurrare «Ti amo», insieme ad altri pezzi del suo vasto repertorio, che annovera una decina di hit di livello internazionale, 21 album, varie raccolte, e più in generale cifre impressionanti riconducibili al numero 80, come i milioni di dischi che ha venduto nel mondo.

Il tour europeo allestito per celebrare l’anniversario approda giovedì 18 maggio in città, al PalaBrescia di via San Zeno (alle 21; biglietti da 38 a 50 euro; informazioni allo 030/348888). Abbiamo sentito Tozzi a Montecarlo, in una pausa della tournée che sta registrando parecchi sold out.

Umberto, dal 1991 vive nel contesto «ovattato» del Principato di Monaco...
Quando si parla di Montecarlo alla tv italiana, i luoghi comuni si sprecano. All’inizio degli anni ’90, io scelsi di vivere qui con la mia famiglia, di crescere i miei figli in un ambiente tranquillo, non caotico. Non tornerei indietro, non saprei più vivere in una grande città come Torino, Roma, Milano o Bologna, i posti dove ho risieduto in passato. La realtà quotidiana, qui, è come quella di un borgo, si vive serenamente e c’è un gran senso di sicurezza: mi ritengo un privilegiato, e non cambierei questo posto con nessun altro.

Com’è l’Italia vista da lì?
Resta il bellissimo Paese di sempre. Anche se io, facendo il mestiere di musicista da oltre quarant’anni, l’Italia l’ho sovente vissuta con lo spirito del turista. Cosa che non è sempre un male, perché risaltano le cose positive. Oggi la frequento meno, ma il sentimento è intatto.

«Ti amo» lanciò in orbita la sua carriera. Sebbene probabilmente, sotto il profilo dei diritti e delle vendite, «Gloria» le abbia dato di più...
«Gloria» ha imboccato una strada tutta sua, con molte versioni e una diffusione all’estero che per una canzone italiana non avveniva dai tempi di Modugno. Ma l’originalità di «Ti amo», sul versante sonoro, resta insuperata, secondo me.

Come nacque?
Da un giro armonico di chitarra che ispirò in maniera naturale il resto dei suoni e le parole. Tutto il resto che si racconta è leggenda.

In una vita professionale ricca di successi, quali ricordi incornicia?
I concerti alla Royal Albert Hall di Londra e all’Olympia di Parigi. Quando entri in quelle sale al pomeriggio, per il soundcheck, respiri un’aria inebriante, che si trasforma in emozione pura.

C’è qualcosa che le manca?
Non mi hanno mai proposto di scrivere una colonna sonora per il cinema. Mi piacerebbe molto potermi cimentare con un film. 

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