Cultura

Tosca, il dietro alle quinte dell'opera che apre la stagione

Dopo la prima venerdì e la replica domenica la nuova produzione partirà per altri teatri
  • Tosca, il dietro alle quinte al Grande
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Danza filtrata dal sole che vuole entrare da una pedana da via Paganora: è polvere di palcoscenico. E su quello ci troviamo, invitati per un inedito tour negli spazi del Grande, dove da più di due settimane si lavora all’inaugurazione - venerdì 28 settembre - della stagione lirica, all’allestimento di «Tosca» di Puccini, una nuova produzione che da Brescia partirà per altri teatri.

Tecnici ed elettricisti, operai che incessantemente trasportano casse e bauli sulla pedana meccanica (fino a due anni fa tutto si portava a mano...). Lo spazio del palcoscenico, che è alto e profondo, è dominato da una cancellata che custodisce una statua rossa (inquietante per via del panneggio e del cappuccio). Chi è? «La nostra Madonna, costruita nei laboratori» risponde Milly, la giovane direttrice di palcoscenico. «Con le luci tutto cambia». E mostra il quadro della Maddalena che Cavaradossi dipingerà, anch’esso per ora senza vita, come il lampadario appeso in alto e un tavolo sul quale ci sono vari crocefissi e un cestino di frutta finta. «Pronto per il secondo atto, è il tavolo di Scarpia». Sul lato sinistro lunghi specchi irradiano bagliori.

Dati tecnici: la cancellata è in vero ferro e pesa 1400 chili e a un certo punto sparirà. Speciali carrucole la porteranno su, sulla balaustra, dove una volta c’era anche un piccolo organo. Serviva proprio per la Tosca, ma anche per Cavalleria. Non funzionava più e l’hanno smontato. Una ragazza sta ricucendo la tappezzeria rossa della poltrona di Scarpia. Macchinisti, attrezzisti, elettricisti si fanno largo con scatoloni e fili. Urla, mormorii... «Si sposti, per favore».

Il cast di «Tosca» è di sette solisti; ci sono nove figuranti over e sei giovani, un Coro di Voci bianche di venti bambini e un Coro misto di cinquantadue persone. E per gli spazi? Ogni scenografo ha dinnanzi a sé le piante del palco dei vari teatri per adattare l’allestimento. In Sartoria lavorano in tre: macchine per cucire, ago e filo, in un angolo il ferro da stiro. Sui lati della stanza sfilate di abiti bellissimi appesi sulle grucce. Ci accoglie, gentilissimo, il costumista Lorenzo Cutuli.

L’azione di «Tosca» (1800) è stata spostata al 1880, fin de siècle. I costumi di Scarpia (cappotto nero con bavero e polsini di agnellino, marsina militare; poi giacca di velluto viola, panciotto e camicia) e dei militari sono quelli della Gendarmeria pontificia; il coro del II atto è tutto formato da Vescovi, Cardinali, Grandi Diaconi... Ognuno con i colori che li contraddistinguono. Spicca il piviale principale del Grande Vescovo. Velluti stampati, sfumature di rosso, oro, nero, perle, icone in rilievo, ricami. I costumi sono della sartoria Tirelli di Roma, specializzata nel cinema (alcuni sono stati utilizzati per «Il nome della rosa» e «I Borgia»). Tosca sarà in giallo-Napoli, poi in rosso-magenta.

Valentina Molinari (responsabile delle comunicazioni) ci dice che da quest’anno il Teatro spera sia ripristinato il dress-code per la «prima»: tutti in abito lungo e smoking. Alla fine solo il cielo. Infine in teatro, dove ci sono anche il regista Cigni, lo scenografo Gessati e la light-designer Baldisseri. Il palcoscenico è aperto e pur senza luci è un’altra cosa. L’inferriata è quella di una cappella, quindi la scena simula uno scorcio, un lato. Vengono sottolineati la visione «cinematografica» del transetto laterale, il fatto che ogni atto è diverso e che alla fine apparirà solo il cielo, liberatorio.//

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