Cultura

Tommy Kuti: «Iwobi? La stupidità tocca tutti»

Il rapper bresciano parla del suo rap afroitaliano e non si sottrae alle domande di politica
Il rapper Tommy Kuti
Il rapper Tommy Kuti
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«La stupidità tocca tutti, a prescindere dal colore della pelle: benché la Lega abbia ridimensionato certi discorsi, per me la sua scelta è insensata, se penso agli insulti di Calderoli a Kyenge o al panico morale creato da quel partito»: lo ha detto all'Ansa il rapper Tommy Kuti parlando di Tony Iwobi, il primo senatore di colore, eletto nella Lega.

Tommy Kuti racconta e incarna un'identità in equilibrio tra Africa ed Europa nell'album d'esordio «Italiano vero». Fra basi che riecheggiano trap francese, fraseggi melodici e un flow dai tratti classici, il rapper di origine nigeriana osserva una società italiana in evoluzione e in crisi.
«Sono della scuola per cui l'hip hop deve essere specchio del presente oltre a intrattenere», racconta all'Ansa l'artista, all'anagrafe Tolulope Olabode Kuti, nato ad Abeokuta e cresciuto
tra Brescia e Mantova
.

«Non sono molti i ragazzi di seconda generazione con una piattaforma per parlare: sento una responsabilità anche perché per parecchi giovani ascoltatori questi temi sono una novità».
L'argomento sociale e il tono impegnato discendono anche da un lungo percorso biografico, tra gavetta rap e una laurea in comunicazione a Cambridge: «Per me certa ribellione trap è
infantile: sto scoprendo cosa voglio dire».

Kuti non risparmia però colpi diretti: dall'apertura Forza Italia alla combattiva Cliché con Fabri Fibra fino al patriottismo di 'La bella Italià, le sue rime scandagliano la società e le sue ombre, ma trasudano umanità. Per questo nella struttura concettuale e lirica del disco, più della netta denuncia spiccano storie autobiografiche di appartenenza come Afroitaliano e La pelle, o ritratti in terza persona come Hassan: «Quando si parla di stranieri in Italia si citano i numeri, come fossero bestie, non emergono le persone, le loro ambizioni e i loro sogni.

Quando si discute di ius soli, si finisce per parlare di sbarchi e non di ragazzi che si sentono italiani. I commenti di chi mi ha invitato a tornare nella giungla o ha insinuato che avessi realizzato il disco con i famigerati 30 euro al giorno mi hanno fatto capire quanto serva parlare di questi temi».

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