Teatro Telaio: «Amore, vita, morte: come parlare di tutto ai bambini»

Il teatro è un viaggio straordinario in cui la fantasia prende vita, aprendo la mente a nuovi orizzonti. Coinvolgere bambini e ragazzi in questa esperienza è un dono che nutre la loro empatia, stimola la creatività e arricchisce la sensibilità.
Tra gli appuntamenti della stagione teatrale per ragazzi arriva ora «Il Custode del Natale», nuova produzione di Teatro Telaio, in scena oggi (domenica 15 dicemrbe) al Teatro Colonna, in via Chiusure 79 a Brescia. Sold out la recita delle 16, biglietti (7 euro) disponibili per la replica delle 18 su vivaticket.it. L’età consigliata è dai 3 anni. Abbiamo approfittato dell’appuntamento per un’intervista al regista Angelo Facchetti.
Angelo, qual è il linguaggio peculiare per il teatro dell’infanzia?
Il teatro per l’infanzia ha certamente un linguaggio specifico, ma non preclude l’affrontare temi universali che sono legati tipicamente al mondo adulto. Posso parlare ai bambini di qualsiasi cosa: dall’amore, alla morte, a temi fondamentali anche di carattere filosofico. L’importante è prestare attenzione al linguaggio, non solo verbale, ma anche scenico. Per noi fare teatro non significa farlo per gli «spettatori di domani», non è una missione per formare bambini che un giorno diventeranno spettatori teatrali di altro tipo. La nostra missione è quella di fare un teatro per piccoli adulti con la loro dignità di pensiero, di sentimento e di emozioni, offrendo loro un prodotto culturale e artistico. Per noi sono spettatori di oggi a tutti gli effetti.
Quanto è importante che il teatro entri nelle scuole?
I nostri spettacoli sono spesso fruiti da un pubblico privilegiato: quello dei ragazzi che hanno alle spalle dei genitori attenti e con un determinato background culturale. La scuola ci permette invece di avere un’azione veramente politica e democratica: è l’ultimo baluardo che permette a tutti i bambini di vivere un’esperienza culturale e artistica. È fondamentale tenere viva la relazione con gli istituti scolastici, ma è una missione purtroppo sempre più difficile a causa della burocrazia, dei limiti economici e di altre proposte che attualmente risultano essere più accattivanti, come il multimediale. Per i ragazzi a livello pedagogico è interessante sperimentare il teatro come una forma di espressione artistica che davvero coinvolge tutti i sensi a 360 gradi. Noi non facciamo mai scuola di teatro, ma proponiamo giochi ed esercizi per far vivere il linguaggio teatrale con fine educativo: per far conoscere il proprio corpo, la propria sfera emotiva ed entrare in relazione con l’altro. In più è interessante anche per me rimanere agganciato al mondo della scuola, perché i bambini cambiano sempre più rapidamente e così facendo riesco a rimanere al passo con loro, a livello non solo di linguaggio, ma anche di tematiche.
Come si scrive un’opera teatrale per bambini?
Non c’è una ricetta. Potrei mettere insieme la migliore scenografa, il migliore costumista, la migliore drammaturga, il miglior attore e il miglior musicista e – nonostante io abbia scelto ingredienti perfetti – la torta potrebbe non lievitare e lo spettacolo potrebbe non aver un buon esito in termine artistico. L’amalgama è ben riuscita nel momento in cui il regista e l’autore cercano di trovare la formula giusta per far sì che tutti gli ingredienti convergano verso lo stesso risultato. Io di solito parto da un’immagine e ho già fissa in me l’idea dell’impianto scenografico e del tema che voglio sviscerare. In passato siamo partiti anche da albi illustrati per l’infanzia che sono diventati quasi dei libri d’arte. Telaio non ha mai affrontato le fiabe classiche che sarebbero molto più facili e accattivanti anche come presa sul pubblico. Per me è più interessante fare una ricerca che in campo artistico si smarca da questa via preferenziale per stare al passo con un linguaggio contemporaneo. Alcuni spettacoli sono nati dai laboratori. Con una scuola primaria di Bedizzole, l’anno scorso abbiamo provato a sperimentare partendo dai libri di filosofia per bambini di Oscar Brenifier ed è stata proprio una sfida e una scommessa. Ci siamo messi a parlare, a scambiarci impressioni e abbiamo registrato la loro voce. I bambini sono entrati in scena senza usare la parola, ma solo con il corpo e il movimento, facendo delle azioni coreografiche prolungate e dilatate, mentre in voice over si potevano ascoltare le loro riflessioni sulla vita, la morte, l’amore, i rapporti con i fratelli e i genitori.
Cosa vedremo ne «Il custode del Natale»?
Vedremo un faro posto sul confine tra la terra e il mare e il custode che vive al suo interno, Lucio. L’anno scorso siamo stati nelle scuole materne e – raccontando loro una piccola storia – abbiamo chiesto ai bambini quale fosse il significato del Natale. Abbiamo raccolto i loro input e abbiamo scoperto che il Natale è tante cose e non solo i regali e Babbo Natale come si potrebbe pensare. Ma è soprattutto il momento in cui si può stare insieme, in cui c’è il rituale della famiglia, l’attesa, la gioia. Un momento di condivisione.
Da qui siamo partititi per costruire la drammaturgia. Lucio vive da solo, ma pesca e raccoglie tutte le letterine scritte dai bambini di tutto il mondo pronte per essere recapitate a Santa Lucia, Babbo Natale, la Befana… Un giorno riceve una lettera da parte del Natale in persona, il quale gli chiede aiuto, pregandolo di andarlo a cercare. Lucio è costretto così a partire, affrontando un lungo viaggio, abbandonando la sua zona di comfort, verso una nuova e grande avventura.
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