Sei libri consigliati dalla redazione per novembre

È ufficialmente arrivato quel momento dell'anno in cui molti preferiscono una tisana e una copertina sul divano piuttosto che uscire il venerdì sera. In questa categoria dei divanari di solito qualcuno finisce per sentirsi in colpa e pensa di stare deliberatamente sabotando la propria vita sociale. Qualcun altro invece convive meglio con questa forma di primo letargo invernale e anzi gioisce del teporino casalingo immaginando il freddo fuori dai bar.
Che apparteniate al primo o al secondo gruppo, sappiate (per quanto possa valere, ovvio) che anche chi scrive questa rubrica mensile condivide con voi questo annoso dilemma. Siamo riusciti ad alleviare un po' di senso di colpa (che raggiunge pure i livelli da Fomo in alcuni casi, fear of missing out, la paura di perdersi qualcosa che non si sta vivendo in un certo momento) leggendo qualche buon libro che vi raccontiamo qui sotto. Anche se a volte il torpore di queste sere prevale.
Per novembre ne consigliamo sei, ma ce ne sono molti altri che ci incurioscono e fanno parte delle classifiche nazionali e delle nostre liste personali. Per esempio «Tasmania» di Paolo Giordano, «Avere Tutto» di Marco Missiroli, «Calfornia» di Francesco Costa, «No sleep till Shangai» di Zerocalcare, «Dieci cose che ho imparato» di Piero Angela, «Una volta sola di Mario Calabresi o «La scienza delle pulizie» di Dario Bressanini. Potremmo continuare a lungo. Ne riparleremo a dicembre.
Intanto, qui trovate i consigli di ottobre se vi interessasse recuperarli. Se volete suggerirci qualche titolo, potete scriverci sui social o a questa mail. Ci risentiamo a dicembre, come sempre entro il 14 del mese.
Ciao!
«A letto nel Medioevo - Come e con chi»
di Chiara Frugoni

(il Mulino, 2022, pp.168 , 22 euro)
Un letto «pronto sempre a ospitare uomini e donne desiderosi di deporvi fatiche, pensieri ed emozioni»: termina così l'ultimo saggio-racconto di Chiara Frugoni, la grande medievista con origini bresciane, scomparsa il 9 aprile scorso a Pisa.
«A letto nel Medioevo - Come e con chi» è uscito postumo, e le poche parole citate sopra siglano un'opera corredata da una settantina di immagini a colori, che corre via con la leggerezza e profondità di analisi che i lettori della Frugoni ben conoscono, capace di tenere insieme la dimensione tragica e quella sorridente della condizione umana. Una magnifica lettura, soprattutto per gli appassionati di storia.
(Paola Carmignani, redazione Cultura)
«Inventarsi una vita. Un dialogo»
di Claudio Magris e Paolo Di Paolo

(La Nave di Teseo, 2022, pp. 189, euro 15)
Esiste una «lucentezza delle cose» che le fa vivere in eterno, in un’eco continua che risuona dentro di noi come se fossero sempre presenti. Eppure fermarle tutte in un racconto - «il fumo del sigaro, il telefonino che squilla, lo stupore nell’accorgerci del mare di Trieste» - sarebbe quasi impossibile, com’è vana la pretesa di salvare tutto con le parole. Si interrogano, fra le altre cose, su questa dialettica continua della letteratura che avvicina e allontana la vita Claudio Magris e Paolo Di Paolo nel loro libro scritto a quattro mani, «Inventarsi una vita. Un dialogo». Una conversazione tra due scrittori di generazioni diverse, che riflettono sul tempo e sulla velocità del mutamento, e soprattutto sulla pre-scrittura, cioè su tutto quanto precede e nutre le parole scritte. Senza retorica né sfoggi di cultura, Magris e Di Paolo meditano sul rapporto tra vissuto e scrittura, su ciò che sia dicibile e su ciò che amiamo e vorremmo trasportare su un’arca di Noè per metterlo al riparo dall’abrasione del tempo. C’è quindi spazio per Ibsen e Thomas Mann, ma anche per lo zio Nello, Magris bambino, i porcellini d’India e un Kafka immaginario al premio Strega per riflettere sull’impatto dei contesti letterari sugli scrittori. «Inventarsi una vita» è un libro da leggere se amate la letteratura, perché in meno di duecento pagine di scrittura lieve e saturata al massimo solo per dire l’essenziale riporta al cuore di temi sub specie aeternitatis, che anche tornando indietro sanno allargare l’orizzonte.
(Laura Fasani, redazione Web)
«Quando le persone intelligenti hanno idee stupide - Come la filosofia ci salva da noi stessi»
di Steven Nadler e Lawrence Shapiro

(traduzione di Angelica Kaufmann, Raffaello Cortina editore, pp. 232, 19 euro)
Occorre stare attenti a dire «Elementare, Watson» con troppa spocchia. Nemmeno il celebre investigatore Sherlock Holmes sfugge alle critiche di due professori americani, Steven Nadler e Lawrence Shapiro, che nel libro «Quando le persone intelligenti hanno idee stupide - Come la filosofia ci salva da noi stessi» mettono sotto esame la tendenza della mente umana a commettere errori. Nei tempi in cui viviamo non si tratta di un mero gioco intellettuale: si parte infatti dalla constatazione che «un numero allarmante di cittadini, in America e nel mondo, sta abbracciando idee folli, persino pericolose. Alcune persone credono che le vaccinazioni causino l'autismo; rifiutano il consenso scientifico sul cambiamento climatico ritenendolo una "bufala"; incolpano la diffusione della rete 5G per la propagazione del Covid-19». La terapia contro il pensare male è fornita dalla filosofia, che aiuta a distinguere i buoni argomenti da quelli cattivi grazie soprattutto ai princìpi basilari della logica e del ragionamento. E nel libro Nadler e Shapiro ne danno ampie prove.
(Marco Tedoldi, redazione Cronaca)
«Nina sull’argine»
di Veronica Galletta

(minimum fax, 2021, pp. 219, 16 euro, e-book 8,99 euro)
Alzi la mano chi ha voglia di leggere un libro in cui si parla di profilo di corrente e difese spondali. Della costruzione di un argine per un fiume a rischio esondazione in un posto sperduto nella nebbia. A domanda retorica risponde il percorso compiuto da «Nina sull'argine», il romanzo di Veronica Galletta arrivato tra i finalisti dell'ultimo Premio Strega. E non a caso fresco vincitore del Premio Letteratura d'impresa assegnato nell'ambito del Festival Città Impresa il 18 novembre a Bergamo. Perché «Nina sull'argine», la cui autrice ha lavorato come ingegnere idraulico per vent'anni prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura, racconta un'impresa. E ne usa senza risparmio il linguaggio, la materia, il punto di vista.
Ma non si ferma qui. Racconta la fine di un amore. Ma nemmeno qui, per fortuna, si ferma. L'argine di Nina, ingegnere al suo primo incarico da direttore di un cantiere lontano dalla sua terra d'origine, è crocevia di un mondo. Sottile maschilismo e corruzione conclamata, ambiente e ambientalismo, stereotipi sul nord e il sud Italia, morti bianche e lavoro nero, letture e cibi che dicono cose sono i temi che s'incontrano e s'incrociano nelle pagine del romanzo di Galletta. Così come i destini dei personaggi, tanti e tali (con almeno una sorpresa più un'apparizione che richiama un racconto di King) da rendere l'impresa lavorativa e insieme esistenziale di Nina un'impresa collettiva, il racconto in prima persona un racconto corale. Mentre il lettore, senza accorgersene, si ritrova appassionato proprio di profilo di corrente e difese spondali, spalle, pietrame, curvatura.
(Francesca Sandrini, vicecaposervizio Cronaca)
«Le nebbie di Avalon»
di Marion Zimmer Bradley

(traduzione Flavio Santi, HarperCollins Italia, prima pubblicazione 1986, I volume pp. 600, II volume pp. 554, euro 22 ciascun volume, ebook 8,99 ciascun volume)
Tutti noi, in un modo o nell'altro, abbiamo incrociato la storia di re Artù e dei suoi cavalieri. Ebbene, «Le nebbie di Avalon» parla proprio del ciclo arturiano. Dimenticatevi però i duelli, gli epici racconti delle gesta di Lancelot o del grande Arthur Pendragon, perché nel libro di Zimmer Bradley le vere protagoniste sono le donne. Donne come Morgaine, Gwenhwyfar (Ginevra) o la Signora del lago, donne ambiziose e gentili, spietate e fragili, fanatiche, compassionevoli, calcolatrici, orgogliose. Attraverso i loro occhi e le loro parole viene narrata la storia della corte del leggendario re, una storia tra il fantasy e la discronia ma che affonda le sue radici in un passaggio storico e antropologico reale: l'affermarsi del cristianesimo sulla cultura pagana e matriarcale del passato. Questo è lo sfondo dell'intera narrazione, dove il Dio monoteista soppianta con forza brutale i riti della fertilità, dove l'uomo diventa signore e padrone di un mondo prima prettamente femminile incentrato sul ciclo di morte e rinascita. Tutto questo e molto altro è «Le nebbie di Avalon», un libro dove le donne sono la struggente ma mai doma voce narrante di un mondo destinato alla sconfitta. E se oltre mille pagine non bastassero per saziare la vostra sete di fantasy l'autrice ha scritto altri otto libri che compongono l'intero «Ciclo di Avalon».
(Stefano Martinelli, redazione Web)
«La Restanza»
di Vito Teti

(Einaudi, 2022, pp. 168, euro 13)
«Una volta c'era il sacrificio dell'emigrante e adesso c'è il sacrificio di chi resta. Una novità rispetto al passato, perché una volta si partiva per necessità ma c'era anche una tendenza a fuggire da un ambiente considerato ostile, chiuso, senza opportunità. Oggi i giovani sentono che possano esserci opportunità nuove, altri modelli e stili di vita, e che questi luoghi possono essere vivibili. È finito il mito dell'altrove come paradiso. L'etica della restanza è vista anche come una scommessa, una disponibilità a mettersi in gioco e ad accogliere chi viene da fuori».
Così diceva lo studioso Vito Teti in un'intervista del 2012 parlando della «restanza», ovvero la decisione di chi decide di rimanere in un luogo spesso emarginato decidendo di non recidere il legame con la propria terra, la propria cultura, le proprie radici. Teti, professore ordinario di Antropologia culturale dell'Università della Calabria, da decenni studia il Sud e i piccoli centri delle cosiddette aree interne. «La Restanza» è una summa di tutti questi suoi studi scritta durante il periodo del lockdown, quando tutti, in qualche maniera, chiusi nelle nostre case, siamo diventati moderni restanti. Di «restanti» veri però oggi ne rimangono sempre meno, sono sempre più rari - in entrambi i sensi - anche se sempre più giovani danno prova di avere il coraggio di costruire il proprio futuro ben saldi alla propria terra e alle proprie radici.
Un saggio scorrevole, una lettura profonda, che potrebbe diventare ancora più profonda, ricca di spunti e significati, per tanti che ancora vivono sui monti e nelle valli bresciane.
(Fabio Gafforini, Teletutto)
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