Cultura

Scienza e Bibbia: Galileo scrisse a Cristina di Lorena

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Una serrata difesa dell'autonomia della ricerca scientifica nei confronti della teologia e dell'autorità spirituale. Si può riassumere così la Lettera a Cristina di Lorena , che Galileo Galilei indirizzò nel 1615 alla granduchessa di Toscana, moglie del granduca Ferdinando I e nipote di Caterina de' Medici. Si tratta del testo più celebre delle quattro «Lettere copernicane», in cui Galileo difende la sua concezione della scienza. Un testo ora riproposto dall'editrice La Vita Felice nell'edizione Sansoni del 1943 (10,50 euro), con in appendice le altre tre più brevi lettere (una è indirizzata al bresciano don Benedetto Castelli, che fu discepolo di Galileo); sempre in appendice, l'appassionata nota di commento del filosofo Giovanni Gentile (come è ben noto, quel 1943 dell'edizione di Sansoni fu tragico per l'Italia; tra l'altro Gentile sarà ucciso l'anno dopo dai Gap partigiani). Dunque, in questa sua «Lettera a Cristina di Lorena sui rapporti tra l'autorità della scrittura e la libertà della scienza» (questo è il titolo completo della missiva) Galileo difende una tesi oggi patrimonio comune, ma che tale non era in quei primi decenni del Seicento: la Bibbia non testimonia verità di ordine naturale, perché non mira a far conoscere com'è fatta la natura, ma si preoccupa della salute delle anime; quindi non va presa alla lettera al di fuori dell'ambito morale. Spetta invece alla scienza descrivere la natura.
Alberto Ottaviano

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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