Cultura

Saburo Teshigawara al Grande: la danza incontra la letteratura russa

Lo spettacolo del coreografo giapponese si intitola «The idiot» ed è un passo a due con la storica musa Rihoko Sato: l’intervista
  • Saburo Teshigawara torna al Teatro Grande
    Saburo Teshigawara torna al Teatro Grande - Foto Akihito Abe
  • Saburo Teshigawara torna al Teatro Grande
    Saburo Teshigawara torna al Teatro Grande - Foto Akihito Abe
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  • Saburo Teshigawara torna al Teatro Grande
    Saburo Teshigawara torna al Teatro Grande - Foto Akihito Abe
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    Saburo Teshigawara torna al Teatro Grande - Foto Akihito Abe
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Le ultime volte che i bresciani videro Saburo Teshigawara a Brescia fu con due opere estremamente ed espressamente europee, pur toccate dal suo spirito giapponese. Il coreografo – accompagnato come sempre da Rihoko Sato – propose al Teatro Grande un «Adagio» e il romanticissimo «Tristano e Isotta». Stavolta il suo orizzonte si sposta: l’opera che lo vedrà in scena martedì 11 marzo alle 20 (biglietti da 22 a 34 euro a seconda del settore su www.teatrogrande.it e al botteghino) si intitola «The idiot», un passo a due intepretato dal Maestro con la sua storica musa e danzatrice. Come intuibile prende spunto dalla letteratura russa e dall’«Idiota» di Fëdor Dostoevskij.

Anche le luci e i costumi sono curati direttamente da Teshigawara, segno di una creazione totale, impreziosita dalle musiche di Bach, Schubert, Debussy e Čajkovskij e dei più moderni Drew McDowall, The Beloved, Geir Jenssen e Beequeen. Lo abbiamo intervistato.

Questa è la terza volta che si esibisce a Brescia, ha sviluppato un legame con la città?
Fin dalla mia prima visita ho costruito una forte fiducia. Credo che ogni volta la comprensione artistica e umana diventi sempre più profonda. Sono grato per questa opportunità e rinnovo il mio desiderio di proseguire nella mia creazione artistica basata sull’umanità, insieme a Rihoko Sato.

Come sta evolvendo la sua arte coreografica e performativa, se lo sta facendo?

Per migliorare in ciò che facciamo, dobbiamo avere obiettivi chiari e disciplina. L’unico modo è procedere un passo alla volta, giorno dopo giorno, senza sapere quando arriveremo alla meta. Proprio in questa incertezza sta la gioia di continuare per sempre.

Nei suoi lavori precedenti c’era una forte presenza europea. Ora sta esplorando la letteratura russa. Come cambia il suo approccio?
Come creatore, non mi sento legato a un Paese o a un’area specifica, perché questo limiterebbe la mia libertà. La libertà dello spirito è anche la libertà della creazione. Sono giapponese, ma prima di tutto un essere umano, al di là della nazionalità. Creo con un corpo indipendente, che supera confini e conflitti, restando sempre fedele alla mia verità interiore. La danza è allo stesso tempo semplice e complessa, piena di contraddizioni. Ed è per questo che è il mezzo artistico perfetto per me.

Perché ha scelto proprio «L’idiota»?

Perché mi fa percepire il conflitto interiore dell’essere umano. È una lotta per l’amore, la storia di un uomo e una donna che si perdono e provano disperazione. Parla degli uomini, delle donne, dell’essenza stessa dell’umanità. Non è solo un racconto legato alla Russia o all’Europa.

Ancora una volta, Rihoko Sato è sul palco. Come descrive il vostro legame artistico e il suo modo di danzare?

Rihoko ha un’anima pura. È estremamente onesta, e proprio questa sincerità interiore la porta a una lotta profonda, che ha dato origine alla sua danza. Ma quel conflitto si è dissolto con naturalezza, perché il suo corpo ha un dono speciale. Possiede una forza e un fascino che non possono essere espressi solo con le parole, ma che emergono direttamente dal suo movimento. Sono stato il suo mentore, ma la qualità e la fluidità della sua danza vanno oltre qualsiasi insegnamento. Ogni volta che si esibisce mi sorprende. La sua creatività le permette di esprimere una bellezza quasi ultraterrena, che supera la percezione comune. È un’artista autentica, unica nel suo genere. Ha una tecnica straordinaria, impossibile da imitare, ma non la ostenta mai. I suoi movimenti creano poesia, evocano immagini, sbocciano come fiori.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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