Rita Pavone compie 80 anni: «Fiera di me e dei miei brani senza autotune»
«La cosa di cui vado più orgogliosa? Essere arrivata fin qui da autodidatta. Sono fiera di me: dopo la quinta elementare sono andata a lavorare in una camiceria, ho studiato da sola, ho cercato di capire com’era il mondo... E pensare che quando ero molto giovane, alle prime interviste facevo rispondere Teddy Reno perché avevo paura di dire castronerie...». Ride Rita Pavone, con quell’energia che l’ha resa capace di attraversare le generazioni trasformandosi da zanzara di Torino in icona del pop, chiacchierando con l’Ansa alla vigilia degli 80 anni che compie oggi, 23 agosto. «Sono anche 63 anni di carriera! – esclama –. E mi piace ricordare i successi nati in un periodo in cui non c’erano i social, l’autotune, l’intelligenza artificiale», sottolinea l’artista, che per la carriera ha ricevuto quest’anno il premio Lunezia.
Il debutto
«Avevo 17 anni compiuti da un mese quando vinsi, nel 1962, la prima edizione della Festa degli sconosciuti di Ariccia» con il primo contratto discografico con la Rca. «Qualche mese dopo incisi il mio primo disco, La Partita di Pallone: non avevo neanche la foto sulla copertina. Feci anche Alta Pressione, condotto da Walter Chiari e Renata Mauro sulla neonata Rai2. Antonello Falqui mi vide, e poco dopo mi volle per Stasera Rita». A credere per primo in lei fu papà Giovanni: «È stato il mio primo ammiratore e anche il mio primo agente. Mi diceva sempre: non passi inosservata e questo è un segno di personalità. Firmò di nascosto per la Festa degli sconosciuti, nonostante il parere contrario di mia madre che sognava che mi sposassi e mettessi su famiglia. Aveva una fiducia immensa nelle mie capacità: sei piccoletta – mi ripeteva – ma può essere la tua fortuna».

Il 1963 un anno indimenticabile, segnato da brani come Alla mia età, Sul cucuzzolo, Come te non c’è nessuno, Il ballo del mattone, Non è facile avere 18 anni, Datemi un martello. «E poi il mio preferito: Cuore, versione italiana di Heart», la hit statunitense scritta da Barry Mann e Cynthia Weil e interpretata da Wayne Newton. Nel 1964 ecco Il giornalino di Gian Burrasca tratto dal romanzo per ragazzi di Vamba e diretto da Lina Wertmüller, con musiche di Nino Rota orchestrate da Luis Bacalov e quella sigla, Viva la pappa col pomodoro, che fece il giro del mondo: «Lina è un’altra persona alla quale devo tantissimo».
E poi i musicarelli con Totò, Giancarlo Giannini, Giulietta Masina, la vittoria nel 1967 al Cantagiro con Questo nostro amore, i film Little Rita e La feldmarescialla con Terence Hill. E il grande successo all’estero, con cinque partecipazioni all’Ed Sullivan Show: «Ed Sullivan era a Roma e guardava Billboard, le classifiche internazionali, con il mio nome in giro in Brasile, in Argentina, in Spagna: si rivolse alla Rca per portarmi in America. E così arrivai a New York: abituata a incidere in studio con la base, mi ritrovai in diretta con l’orchestra. All’inizio fu un dramma, perché non parlavo una parola di inglese, scrivevo la pronuncia su un foglietto: you diventava iù con l’accento... Ma non dimenticherò mai quando, il 7 marzo 1965, sul cartellone il mio nome era scritto dopo quelli di Duke Ellington e Ella Fitzgerald».
In coppia
Centrale il rapporto con Teddy Reno, patron della mitica Festa degli sconosciuti, che divenne il suo pigmalione e che sposò nel 1968 in Svizzera, tra le polemiche per la notevole differenza d’età (19 anni) e per il fatto che all’epoca Reno era già sposato civilmente con Vania Protti, dalla quale aveva anche avuto un figlio. Con Teddy, Rita ha avuto due figli: Alessandro (1969) e Giorgio (1974). «Siamo sposati da 57 anni, viviamo con noi, per noi e per i nostri figli, non potevo aspettarmi niente di meglio». E la musica di oggi? «Beh, non è che sia tanto bella... Si vincono i talent, il successo arriva con facilità, senza gavetta. Questi giovani artisti fanno numeri impressionanti, ma alle spalle magari hanno soltanto due o tre pezzi. Arrivare è facile, è rimanere che è difficile».
Rimpianti? «Nessuno», risponde decisa. Desideri? «Riuscire a organizzare uno special, che potrebbe essere anche l’ultimo, con tutte le tappe della mia carriera». Tornare a Sanremo? «Se avessi un bel pezzo mi piacerebbe! Non è l’età che conta. L’importante è fare bene proprio lavoro».
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