Cultura

«Pasolini 100», la rassegna al Nuovo Eden per il centenario

Dal 16 marzo all'8 giugno la retrospettiva dedicata a Pier Paolo Pasolini con 13 suoi film in versione restaurata
Dal manifesto della rassegna. L’immagine scelta per «Pasolini 100»
Dal manifesto della rassegna. L’immagine scelta per «Pasolini 100»
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Per «Pasolini 100», tra libri e mostre centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, poeta e scrittore, vivido intellettuale capace di autosuggestioni polivalenti, non a caso Fondazione Brescia Musei, dal 16 marzo all’8 giugno e poi in autunno, propone al Nuovo Eden, in via Nino Bixio 9 in città, tredici sue cine-regie (qui il programma della rassegna).

Mette in primo piano quella che per Pasolini era stata la scoperta del cinema, per un quindicennio - da soglia di quarant’anni sino a morte nel 1975 - suo vibratile assillo per una «lingua della realtà che si manifesta sempre in azione», con quattro «segni» (attori, paesaggio, illuminazione, lessico) forma-visione del mondo e insieme strumento di penetrazione del proprio spirito. Magari con «Mamma Roma» rispetto ad «Accattone» (esordio del 1961), «Porcile» rispetto a «Teorema», «Appunti per un’Orestiade africana» rispetto a «Edipo re» o «Medea», «I racconti di Canterbury» rispetto a «Il Decameron», Pasolini può farci sospettare una involuzione ideomitica, con discorso non privo di artifizi, lungo binari di propria inesausta dialettica.

Ma dentro ogni nuovo film si avverte anche sua interiore capacità di riproporsi, ridiscutersi, un giorno magari con un film di «scandalo» come «La ricotta» o «Porcile», o una trilogia di calco letterario («Il Decameron», «I racconti di Canterbury», «Il fiore delle mille e una notte»), e un altro giorno con un film di austera, macerata spiritualità come «Il vangelo secondo Matteo», polemico contrasto con un’esistenza sociale che ha perso senso del divino, dimensione religiosa del vivere. Siano immagini elegantissime o scabre, preziosamente lussureggianti o di ascetica cristallinità, miti favolosi o psicanalitiche teorie, costumi di crudo realismo o grottesca fantasia: tutto è nei film misura e tremore, dove ideologia e passione sono proposti misteriosamente ambigui, con segreto riferimento ad un sogno di ingenuità artistica, o paradiso precivile, stregonesco, orientaleggiante.

Da regista. Pasolini sul set di «Teorema» nel 1968 - Foto © Cineteca di Bologna / Angelo Novi
Da regista. Pasolini sul set di «Teorema» nel 1968 - Foto © Cineteca di Bologna / Angelo Novi

Il sogno felice dapprima si concreta con «fisicità esistenziali» dei «ragazzi di vita» delle borgate romane, in cui Pasolini crede di ritrovare la «religione» di una eterna adolescenza inconsapevole, e di riscontro anche con il Cristo, spada che divide, fuoco che brucia, «Messia» di un proletariato in attesa di riscatto e di luce.

Ma l’impatto con la Storia gli diventa poi sconvolgente, distruttivo: i suoi apologhi, come «Teorema» o «Porcile», nascono da una dichiarazione di sfiducia per ogni tipo di società storica, quando essa si codifichi e trasformi in gerarchia di valori una depravazione di potere. Ad epilogo sinistro, Pasolini traduce da Sade la satanesca visione delle «120 giornate di Sodoma», oasi crudele e perversa di società deprivata di valori e certezze. «Salò, o le 120 giornate di Sodoma» è il segno estremo di questa sfiducia, metafora etico-politica dove delusione, rabbia, delirio mascherano una straziata impotenza a reggere le difficoltà del vivere oggi, nel rifiuto della ragione e dell’amore.

Forse davvero ad uscirne gli rimane la poesia. Lo annota il poeta Andrea Zanzotto: «Più Pasolini s’ingolfa nel cinema e più se ne fa straziare godendo sua immane cassa di risonanza e multilateralità, più perdura e si accentua in lui l’invariante poetica pura, l’amore per la poesia fatta di parole». Anche per questo il 1975, anno dell’ultimo film, vigilia del suo assassinio, è per Pasolini l’anno di «La nuova gioventù», nuova versione di poesie friulane, dove ultimi versi di augurio testimoniano bisogno e speranza di camminare «lizèir, zint avant, sielzìnt par sempri/ la vita, la zoventù» (leggero, andando avanti, scegliendo per sempre/ la vita, la gioventù).

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