Musica

Vasco, rimpianti, sale prove, Estathè: 50 anni da Belgesto

Per Brescia, Alberto Fertonani è sinonimo di musica: il 7 settembre 2024 compie 50 anni e in quest’intervista ripercorre la sua carriera
Alberto Belgesto Fertonani - Foto/Facebook
Alberto Belgesto Fertonani - Foto/Facebook
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Fra il rimpianto di una laurea mancata in Disegno Industriale («Mancavano solo otto esami, ma mi sembrava di aver perso già troppo tempo») e il sogno di portare il 4/qUARTI in piazza Loggia («L’anno scorso c’eravamo quasi), oscillano i pensieri di Alberto Fertonani, di fatto Belgesto, uno che se dici musica a Brescia non puoi pensare che a lui.

Latteria, Casa Molloy, 4/qUARTI. Ancor prima un disco da solista pubblicato per la Sony e un Sanremo scivolato fra corde vocali troppo acerbe. Più di recente, la nomina a presidente della Festa della Musica, successore naturale di quel genio di Jean Luc Stote.

Compie oggi cinquant’anni l’uomo che ha fatto dell’Estathè una religione. E che ha portato a Brescia tutto il meglio (e non) dell’indie italiano. Lo abbiamo preso ostaggio a colazione per sottoporlo a un fuoco di domande sull’oggi e lo ieri di una vita a stretto contatto con la musica.

Alberto Belgesto in una foto d'archivio
Alberto Belgesto in una foto d'archivio

Arriva un compleanno importante, quello dei bilanci fra successi e rimpianti. Quali sono i tuoi?

Un successo è sicuramente il progetto Latteria Molloy, nato nel 2007 e vivo ancor oggi, seppur in forma diversa. Questo perché le altre cose musicali che ho fatto (ride, ndr) non si possono definire successi. Sul fronte rimpianti, ogni tanto penso che mancavano solo otto esami alla laurea.

La cover dell'album
La cover dell'album

Facciamo un passo indietro: come nasce la tua passione per la musica?

Se ne ascoltava tanta in famiglia: papà, fratelli, zii. Avevamo tantissimi vinili e ognuno aveva i suoi gusti. Io ho cominciato a sviluppare i miei e a comporre le mie cassettine.

Quali sono i primi dischi che hai amato?

«Slippery When Wet» di Bon Jovi e una cassetta degli Wham taroccata, comprata da una bancarella in Largo Formentone. E poi Vasco, l’artista che ho iniziato ad ascoltare da piccolo ed è ancora oggi il mio idolo.

Una vita da una parte all’altra del palco: come ci sei salito?

La prima volta è stata a Cristo Re con gli Stone Martens. Da ragazzino ero molto timido. Finché un giorno, in quarta superiore, Giorgio Guindani mi ha chiesto di suonare il sax nella sua band. Quando si è ritirato, visto che scrivevo le canzoni, ho preso il suo posto. La prima volta che ho cantato live un pezzo mio ho pensato: «Cavolo, voglio fare questa cosa».

Per tutti sei Belgesto anche se non è il tuo vero nome...

Era il nome di un gruppo in cui suonavo. Quel progetto, che in realtà si chiamava «Beljesto» da un intercalare del nostro tastierista Giovanni Valentini, non è durato poi tanto, ma il nome mi è rimasto appiccicato addosso.

Con quel nome sei anche diventato famoso...

Ero davvero convinto che avrei fatto il cantautore. Ed era una convinzione totale, ma non basata su cose reali, come il talento o lo studio. Ho tentato quella strada e ho anche fatto delle cose, ma ero carente nella parte vocale e quando ho avuto le grandi occasioni, quelle determinanti, non me la sono giocata bene. Come la finalissima per Sanremo o le ospitate tv. Ricordo un aneddoto bruttissimo: stavo registrando una canzone a Roma. Il mio produttore, Giorgio Baldi, ha dimenticato aperto l’audio con cui si comunica con la saletta e ho sentito i suoi commenti in diretta... Anche il mio discografico Stefano Senardi mi ha detto che si aspettava di più. Col tempo ci ho lavorato, ma ormai quel treno era andato.

Pochi anni dopo davi vita al miracolo Latteria…

Belgesto in Latteria Molloy con Andrea Nistolini
Belgesto in Latteria Molloy con Andrea Nistolini

A inizio Duemila ho cominciato a lavorare a Santa Giulia, dove si è creato da subito un bel gruppo di amici. Fra loro c’era Andrea Nistolini, che a un certo punto è finito a gestire il bar del Circolo Uisp di via Maggi. Lì nel 2009 abbiamo organizzato il primo concerto: era Jet Set Roger. Quella sera il bar è andato tutto esaurito e così è nata la Latteria, dove sono passati Riccardo Sinigallia, Fabi, Tiromancino, Max Gazzè: in un posto minuscolo sono successe cose incredibili. Sono stati tre anni e mezzo meravigliosi per la nostra generazione e per la scena musicale di questa città.

Quell’esperienza è stata rimpianta da molti. Finché un giorno si è aperto un spiraglio per farla rinascere…

Il tramonto della Latteria è coinciso col suo apice: una serata con cento gruppi in cui senza preavviso sono arrivati anche Alberto Fortis e Frankie Hi-Nrg. La gente ci chiedeva di riaprire e così abbiamo cominciato a parlarne. Senza ancora sapere dove, abbiamo annunciato il ritorno durante il 4/qUARTI al Parco Castelli. E poi è capitata la Nave di Harlock, un locale grande, che si è ricavato un ruolo importante: a un certo punto dalla nuova Latteria sono passati tutti: da Vasco Brondi ai Cani, dai Modena ai Marlene. Col Covid, però, tutto è cambiato e quando Laura Castelletti mi ha chiesto di candidarmi ho deciso di voltare pagina.

Il 4/qUARTI è un’altra tua creatura mitologica...

Mia e di Diego Spagnoli che, davanti a una birretta, mi ha proposto di organizzare un evento nella prima data libera. Era l’aprile del 2009. Ho contattato alcuni gruppi e tutti mi hanno dato conferma. Ero titubante, ma Diego ha insistito per invitarne anche altri: «Tu non pensarci, facciamo una grande festa e al palco ci penso io». Quella sera siamo arrivati a 58 band e, con gli anni, a 500 musicisti con 5mila persone davanti.

Hai un sogno nel cassetto?

Vorrei fare il 4/qUARTI in piazza Loggia, che è il simbolo di questa città. E vorrei che Brescia, in termini di locali, tornasse a offrire qualcosa in più alla sua scena musicale.

Alberto Belgesto con Maddalena Damini di Radiobresciasette
Alberto Belgesto con Maddalena Damini di Radiobresciasette

Come festeggerai?

La questione dei 50 mi turba, perché a livello simbolico segna un momento della vita importante, uno spartiacque. Non mi sento vecchio e se glisso è perché non voglio mettermi nella situazione psicologica di pensare che è già passato il momento per fare certe cose.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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