Musica

The Great Inferno: «Nel nuovo disco la nostra musica per l’assenza»

Enrico Danesi
Con «Rehab ghost» torna la band bresciana di Paolo Blodio Fappani e Miki Bertoli, tra suoni scuri, ipnotici e pop
I The great inferno in concerto - Foto Marzia Benigna
I The great inferno in concerto - Foto Marzia Benigna
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C’è un disco in uscita e una storia che ne focalizza la genesi. Era il 2017, quando alcuni musicisti bresciani, tra loro amici, formarono una band, chiamandola The Great Inferno. Nome nemmeno adatto alla situazione, perché «a conti fatti in quel momento la vita non era così male». Poi però succede che, durante la lavorazione del primo album, «All The While White Collides With Black», muoia improvvisamente il cantante e bassista del sodalizio, Paul Mellory (al secolo Paolo Comini). «Abbiamo pianto – raccontano i superstiti –. Abbiamo cercato di bruciare tutto e di chiudere questa storia ancor prima che iniziasse. Non ce l’abbiamo fatta. Con l’aiuto e l’abbraccio della nostra scena musicale abbiamo finito e pubblicato quel disco, per mettere un punto a questa ‘non storia’».

La band riformata

Così il 10 gennaio 2020, ricacciando indietro le lacrime, Paolo Blodio Fappani, Miki Bertoli e Ronnie Amighetti celebrarono il «fratello» scomparso, con il supporto di altri amici, a un anno esatto dalla sua dipartita: lo fecero in una Latteria Molloy gremita con un live molto rock nel quale suonarono il disco d’esordio, appositamente completato. A latere ci fu la pubblicazione di «Fuck-Gogh», romanzo di «resistenza culturale» scritto nel 2005 (da Mellory, Blodio, Alessandro Lucà, Pierpaolo Corini) e mai editato.

A distanza di cinque anni da allora, Blodio (voce, chitarra, basso, tastiere) e Bertoli (batteria) tornano a generare materiale inedito che diventa, oggi, un disco disponibile sulle piattaforme digitali. «...Ancora una volta non ce l’abbiamo fatta – commentano –. Il grande inferno che è esistere ha continuato a regalarci motivi per racchiudere in pochi accordi l’esigenza di farci trapassare dalle emozioni, di spingere le parole giù in fondo ai polmoni come una nuvola di fumo per poi sputarle fuori in una forma che sia scura, ipnotica e pop. Questo è “Rehab Ghost”. Pop come l’Inferno».

Il disco

Composto, prodotto, registrato e mixato da Blodio a LeKlubHaus (Brescia), «Rehab Ghost» si compone di otto tracce scure e salmodianti, in inglese, che muovono dal «concetto di assenza, di privazione», perché la rehab (a cui anche Amy Winehouse regalò suggestioni di lancinante bellezza) non è intesa nell’accezione positiva di «riabilitazione», ma in quella negativa di «rinuncia a qualcosa», siano persone, oggetti o sostanze.

Otto brani «che sono otto fantasmi, ectoplasmi che danzano nella memoria e precipitano solidi in polvere di canzoni, per riportare al tatto la consistenza del vuoto»: tra essi, la title-track che apre l’album. Gli altri sono «On My Knees», «Four Legs in the Good Suit», «Please Kill Me», «Stone, Blood & Whispers», «Big Picture», «Long Cold Winter», «(This Is Not) An Exit». Con sonorità psichedeliche tra pop e post rock, unghie che si piantano nella carne, bisbigli sommessi e sangue vivo, pietre e inverni del nostro scontento, emergono (anche) l’amore che non mente, la vita più della morte.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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