Musica

Tener-a-mente, Finneas tra ballad e vibrazioni sul lago di Garda

Enrico Danesi
Il fratello (e produttore) di Billie Eilish ha entusiasmato una platea di giovani fan al Vittoriale di Gardone Riviera
Finneas O'Connell si è esibito al Vittoriale di Gardone Riviera
Finneas O'Connell si è esibito al Vittoriale di Gardone Riviera
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Finneas sugli scudi, a Tener-a-mente: il fratello (e produttore) di Billie Eilish ha entusiasmato una platea di fan, pronti ad accendersi con urla e applausi nell’anfiteatro dannunziano di fronte a ogni battuta e all’attacco di ogni canzone del loro beniamino. Persone che l’artista americano si è detto sorpreso e felice di «ritrovare qui davanti a me, in questo luogo memorabile che mi trasmette vibrazioni speciali, dopo averle incontrate durante la mia passeggiata pomeridiana, sul lungolago».

Al Vittoriale non c’è il pienone (circa 1300 gli spettatori), ma un settore è comunque in overbooking, quello dei posti in piedi; d’altronde l’età media del pubblico è bassa e, si sa, giovani e giovanissimi amano poco stare seduti quando assistono a un concerto, anche se il ritmo dello stesso non è esattamente travolgente. Attributo quest’ultimo che risulta difficile associare alla proposta pop di Finneas Baird O’Connel, sebbene il sound sia avvolgente e di ampio respiro, a tratti perfino battente, comunque lontanissimo dalle atmosfere soffusamente introspettive dell’ep d’esordio e del primo ellepì («Optimist», del 2021), e dal vivo certo più movimentato anche di quello che pervade «For Cryin’ Out Load», disco pubblicato a ottobre 2024 che dà il titolo al tour in corso e che a Gardone Riviera è stato fatto (quasi) per intero.

Per la prima volta in Italia da solo (ci era stato, a Milano, con l’iconica sorellina, come ha ricordato durante la serata), con un solo concerto (appunto quello del Vittoriale), Finneas – alternandosi al piano e alle chitarre, acustica ed elettrica – ha suonato e cantato con gran voglia, quella carica inedita che lo ha indotto ad abbandonare la «comfort zone» del backstage, del ruolo fondamentale esercitato tuttavia senza esporsi in prima persona che ha interpretato benissimo per anni, contribuendo da produttore e/o autore al successo di album della sorella Billie Eilish, ma anche di Justin Bieber, Selena Gomez, Camilla Cabello, Benny Blanco e John Legend. Forse lo slancio per buttarsi definitivamente gli è arrivato da un 2024 che si può tranquillamente definire «mostruoso» sul piano professionale, arricchendo una bacheca che vanta 8 Grammy e 2 Oscar: in primis, ha avuto parte fondamentale nel terzo album in studio della sorella Billie, «Hit Me Hard and Soft», successo epocale che lo ha consacrato come uno dei produttori più convincenti della sua generazione; ha quindi ottenuto un nuovo Oscar dopo quello conseguito nel 2022 (allora con il brano «No Time To Die», in quota James Bond), da autore-produttore di «What Was I Made For», inserita nella colonna sonora di «Barbie» e premiata quale miglior canzone originale; infine, ha debuttato in veste di (co)autore di una colonna sonora, quella della bellissima serie tv «Disclaimer», diretta da Alfonso Cuarón.

Con lui a Gardone, c’era una band di cinque musicisti, all’apparenza sotto i trenta come il leader, e curiosamente raccolti in una sola metà del palco, forse per amplificare l’idea di compattezza e familiarità. In più occasioni, Finneas ha sostenuto che non gli piace essere incasellato a partire dal sound, che pure è cangiante, vario nell’andamento come nei richiami musicali. E allora non lo facciamo nemmeno noi, guardando piuttosto all’attitudine con cui si mette in gioco: promosso con buoni voti, su questo versante, anche in virtù di una presenza scenica non trascurabile e di una voce che, pur non straordinaria, è ricca di sfumature e si muove con leggerezza su note alte e più gravi, anche ricorrendo più che bene al farsetto. Al servizio di ballad come «Little Window», «Lotus Eater», «Mona Lisa, Mona Lisa», «Only a Lifetime», «Family Feud», «Break My Heart Again» come di brani (sentimentali ed esistenziali) più effervescenti quali «Sweet Cherries», «2001», il notevole – e trionfale, anche nell’accoglienza – «Till Forever Falls Apart», «I Lost a Friend». Tutto molto carino, anche se (per il momento) non certo da storia della musica.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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