Tempesta rock-blues al Vittoriale: è la Kenny Wayne Sheperd Band

Entusiasmo alle stelle, nonostante il cielo del Vittoriale sia plumbeo e si diverta a nascondere gli astri. Ma l’unica tempesta che si abbatte sulla dimora dannunziana è quella rock-blues elettrica della Kenny Wayne Sheperd Band, che non per caso arriva al cuore di un pubblico di rumorosi appassionati. Non c’è il sold out per il gruppo capitanato dal cantante e chitarrista della Louisiana (una notizia, visti i numeri di stagione di «Tener-a-mente»), ma i molti (comunque più di 1.200) che hanno investito sul buon «pastore» (questo il significato del termine inglese ‘sheperd’) hanno speso decisamente bene i loro soldi.
Arrivato nel Belpaese con l’endorsement, tra gli altri, di Fabio Treves («È tra i migliori bluesmen contemporanei, un giovane veterano che ha raccolto il testimone della musica del diavolo e lo tiene orgogliosamente in alto», ci ha confidato l’armonicista milanese, ovvero l’uomo che più di ogni altro ha contribuito alla diffusione del blues in Italia), Sheperd ha riempito l’anfiteatro gardesano con un sound potente, avvolgente, reso a velocità supersonica, latore di vibrazioni che pulsavano nell’aria e nel corpo di ciascuno dei presenti.
Carisma
Alternandosi alla voce con uno dei membri di una formazione senza punti deboli – chitarre travolgenti, fiati ruggenti, una sezione ritmica in cui giganteggiavano la batteria di Chris «Whipper» Layton (già con Stevie Ray Vaughan e Double Trouble) e un basso da paura, per non dire del pianista… –, Sheperd si è rivelato carismatico sul palco, riservando spazio a ciascuno dei suoi sodali e suonando per un’ora e mezza a livelli formidabili, senza soluzione di continuità. In (comprensibile) trance agonistica, ha infatti dimenticato di effettuare la sosta – annunciata in principio – che avrebbe consentito al parroco locale di suonare senza sovrapposizioni le campane, per solidarietà con i palestinesi di Gaza.
La serata
In scena, ardente materiale della casa (da «Woman Like You», con cui si sono aperte le danze, a «Blue On Black», passando per la recente «Dirty on My Diamonds», «You So Fine», «While We Cry») e un pugno di cover da antologia, tra cui spiccavano «She Loves My Automobile» (esemplare ruspante di southern rock, targato ZZ Top), «Talk to Me Baby» di Elmore James e una strepitosa, torrenziale, versione di «Voodoo Child» presa a prestito da Jimi Hendrix, con cui la KWSB ha chiuso lo show. Non c’è da cercare varietà di sound in mezzo a tutto ciò (il blues ne consente poca, ma non è detto che sia per forza un limite), bensì le sfumature, i cambi di marcia, la delicatezza mescolata al virtuosismo, la melodia nascosta nel ritmo vorticoso, il fraseggio che artiglia l’anima e la trattiene dolcemente: tutta roba presente in abbondanza nel live. Di sicuro, quanto basta e avanza per andare a casa con il cuore leggero e i sensi appagati, mentre l’ovazione del pubblico gardesano risuona a lungo nelle orecchie e noi abbiamo finito la scorta di superlativi.
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