Pedrini: «Che ci vado a fare a Londra? Il disco più importante della mia carriera solista»

Il lungo addio al rock di Omar Pedrini si concede una serata speciale. «Omar 35», l’ultimo tour con la band, fa tappa stasera ai Magazzini Generali di Milano e per l’occasione lo Zio Rock celebra il 10º anniversario di «Che ci vado a fare a Londra?», l’album della rinascita, che uscì a gennaio 2014 dopo un periodo travagliatissimo per il musicista bresciano.
Un evento (sold out) che anche la Universal ha voluto solennizzare attraverso la (inedita) stampa in vinile del disco medesimo. Abbiamo sentito il rocker bresciano.
Omar, che valore assegni a «Che ci vado a fare a Londra?»?
Probabilmente è stato il disco più importante della mia carriera solista. Di sicuro quello che mi ha tirato fuori dall’anonimato di ritorno in cui ero caduto dopo sette anni senza uscite e varie operazioni al cuore. Lavoravo ormai scrivendo per la tv, per la radio, per il teatro e mi sentivo decisamente fuori dal giro. Col disco ho avuto un inatteso supplemento di carriera, riassaporando un successo che non mi capitava dai tempi dei Timoria.
Eseguirai l’album per intero?
Non tutto. Già ce n’erano tracce in scaletta, ma per omaggiarlo come si deve abbiamo ricavato una nicchia dedicata, in cui ci sono sorprese, come la presenza di Michael Beasley dei The Folks, amico assieme a cui scrissi la title-track «Che ci vado a fare a Londra?», a sua volta concepita sulla strofa di «London», un pezzo degli stessi Folks inserito nell’album. Mike, affermato songwriter, mi fa davvero un gran regalo, raggiungendomi a Milano.
Come vanno le fatiche del tour?
Diciamo che l’allenamento aiuta, per cui procedo bene. Del resto, lo sto affrontando con atteggiamento entusiastico ma assennato, cercando di trattenere l’istinto animale e parlando poco (certo molto meno del consueto) per contenere le emozioni. Sempre memore del consiglio che il mio amato suocero (e cardiochirurgo) mi diede dopo avermi visto in un live, decisivo nello spingermi a cambiare vita: «Se i tuoi concerti sono sempre così dispendiosi, e te lo dico da nonno dei tuoi nipoti prima ancora che da medico, smetti subito».
Appendi la chitarra elettrica al classico chiodo. Concedi chance a quella acustica?
In un futuro prossimo, ma non vicinissimo, mi vedo a fare del teatro-canzone. E magari altro. Ma c’è tempo.
Quali canzoni ti mancheranno di più in versione elettrica?
Quelle funky e quelle più ritmiche, come «Frankestein», «Amsterdam», «Boccadoro», «Che ci vado a fare a Londra?» e pure «Il mercante dei sogni», rispolverata in questo tour dove posso contare sulla magnifica voce di Davide Apollo. Per fortuna me restano tante altre che rendono bene anche in acustico.
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