Musica

Luca Micheletti, la sfida avvincente del mio Falstaff

Enrico Raggi
Il bresciano interpreterà Ford nell’opera buffa di Verdi, alla Scala dal 16 gennaio nella storica regia di Strehler
Luca Micheletti - © www.giornaledibrescia.it
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«Con Shakespeare è sempre la prima volta. Le emozioni rinascono, la vita ricomincia, si ritorna ogni volta a casa. Mi mancava proprio Falstaff, per riabbracciare il Bardo. Curiosamente arriva dopo Otello, che ho appena cantato alla Fenice».

Luca Micheletti ha da poco ricevuto al Teatro Sociale il Premio Franco Enriquez 2024 come migliore attore protagonista, terminate le recite bresciane del suo Misantropo. Ora esordisce nell’ultima opera verdiana, nel ruolo di Ford, in scena al Teatro alla Scala di Milano, dal 16 gennaio al 7 febbraio.

«Mi trovo immerso in una drammaturgia incandescente – racconta Micheletti –, in una congerie di allusioni, registri, equivoci, gesti, colori, inganni. La sfida è ancor più avvincente, per chi, come me, proviene dalla prosa. Il libretto di Boito è divertimento e raffinatezza, dilettevole scioglilingua e incantevole sapienza letteraria: un testo tutto da mordere e gustare. Ho la fortuna di essere diretto dal maestro Gatti, bacchetta d’eccellenza e specialista del melodramma; al mio fianco mi assiste la bravura di Ambrogio Maestri, esperto Falstaff; mi trovo alla Scala, destinazione ideale per questo titolo; debutto con la storica regia di Strehler, congegno infallibile e fonte di godimento supremo; le scene di Ezio Frigerio mi riportano alla lucentezza funzionale delle cascine lombarde dorate dal sole al tramonto. Ogni cosa è al suo posto. Nulla esonda, tutto quadra. Cosa volere di più?».

Cosa significa la scomparsa di Arie, Romanze, Recitativi?

Fin dai suoi inizi Verdi scalpita, ruggisce, tira zampate e aspira a valicare le costrizioni formali. Almeno a partire da Rigoletto la sua musica prende il volo e cerca di liberarsi del numero chiuso. Falstaff è opera illusoria e sfuggente, imprendibile, cesellata in ogni dettaglio, capolavoro della maturità, non della terza età. Le briglie sono abbandonate, il ritmo teatrale detta le regole. Sintesi straordinaria delle suggestioni vitali, tanto più struggenti quanto più incalzate dal senso del congedo. Una partitura che ti risucchia.

Come ha potuto un ottantenne serbare un cuore così giovane?

È un regalo del destino. Sto studiando la fuga conclusiva, «Tutto nel mondo è burla»: in quel vortice traspare l’infinita malinconica felicità dell’esistenza. Una purificata semplicità si sposa al nitore più abbagliante. Mi viene in mente una congiunzione astrale. Raramente i geni s’incontrano a tali livelli.

Ognuno vive in microcosmi autonomi o vince la coralità?

È un’opera plurale, da concertare «insieme». Piani paralleli di cristallina struttura s’intersecano. Un incastro perfetto di convivenze, sguardi, punti di osservazione. Chi è amico?, chi gioca da solo?, chi finge?, chi ci crede? Le donne si prendono rivincite; trionfano maschere e travestimenti; mutano gli umori; soldi e tradimenti appaiono e scompaiono; vino e onore zampillano; realismo e fantastico si alternano. «Quello Shakespeare è un matto senza freno; traduce sul teatro gli uomini tal quali sono, la vita umana tal quale è», scriveva scandalizzato Giovanni Berchet nel 1816. Esattamente ciò di cui aveva bisogno Verdi per costruire il proprio teatro musicale. Il musicista chiamava il drammaturgo inglese «papà». Più che intimità la parola ne rivela discendenza e natura: quella di figlio.

Il 2025 cos’altro propone per Luca Micheletti?

A marzo debutto al Metropolitan (in Bohème); a giugno interpreto per la prima volta Germont a Ginevra (nella Traviata).

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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