Musica

Festival Tener-a-mente, al Vittoriale la cavalcata rock di Marcus King

Enrico Danesi
Oltre 1.300 gli spettatori che hanno assistito a Gardone Riviera al live del cantante, chitarrista e autore originario di Greenville
Il Southern Rock di Marcus King al Vittoriale
AA

Voce potente, graffiata e cangiante, dall’estensione notevole; southern rock d’impatto, intriso di blues e, all’occasione, integrato con hip hop, soul e un pizzico di country; una band di rango (con menzione speciale per il tastierista), compatta e per nulla invadente. Mancava il tutto esaurito, sabato al Vittoriale ad ascoltare Marcus King, sul palco del festival «Tener-a-mente». Ma i 1300 spettatori che hanno assistito al live del cantante, chitarrista e autore originario di Greenville, in South Carolina, hanno goduto di una performance senz’altro più che soddisfacente.

L’attitudine sul palco dell’artista ventinovenne – faccia da bambino, fisicità importante e abbigliamento da cowboy che non prevede mai la rinuncia al cappello (non l’ha fatto, d’altronde, nemmeno nelle foto del suo matrimonio!) – è perlopiù quella di chi conduce un arrembaggio sonoro giocato sulla combinazione chitarre/tastiere, in cui la sezione ritmica gioca peraltro un ruolo non secondario.

Ciò non toglie che ci siano momenti meno tumultuosi, legati in particolare a ballads americane old style come «Beautiful Stranger» e «Goodbye Carolina», ovvero al soul di «Save Me» e «Hero», due brani contenuti in «Mood Swings» (2024), da cui è attinta pure «Delilah», la quale – suonata con la seicorde acustica – non è una cover del cassico di Tom Jones, ma una canzone con lo stesso titolo che, al pari di tutte le altre, è stata scritta da King medesimo (infatti «Ramblin’ Man» degli Allman Brothers, colonna sonora del congedo, sarà suggestione solo registrata).

Il mood prevalente è la ricerca della travolgente cavalcata elettrica, pronta a sfociare in jam session, coinvolgendo a turno ogni strumento in virtuosi assolo: situazione in cui hanno brillato pezzi tipo «Here Today», «Lie Lie Lie» e la conclusiva «Wildflowers & Wine», ascoltando la quale si respirava rock verace, insieme ai profumi vintage della campagna americana, con i fiori di campo, il vino (per una volta al posto della birra, curiosamente) e la nostalgia per le stagioni passate.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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