Musica

Cristiano De André emoziona con le canzoni di Faber a Edolo

Enrico Danesi
Cristiano De André incanta Edolo con un concerto dedicato al padre Fabrizio: sul palco brani iconici, arrangiamenti nuovi e parole che parlano ancora al cuore
  • Cristiano De André in concerto a Edolo
    Cristiano De André in concerto a Edolo - © www.giornaledibrescia.it
  • Cristiano De André in concerto a Edolo
    Cristiano De André in concerto a Edolo - © www.giornaledibrescia.it
  • Cristiano De André in concerto a Edolo
    Cristiano De André in concerto a Edolo - © www.giornaledibrescia.it
  • Cristiano De André in concerto a Edolo
    Cristiano De André in concerto a Edolo - © www.giornaledibrescia.it
  • Cristiano De André in concerto a Edolo
    Cristiano De André in concerto a Edolo - © www.giornaledibrescia.it
  • Cristiano De André in concerto a Edolo
    Cristiano De André in concerto a Edolo - © www.giornaledibrescia.it
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Poesia e genio, melodie e impegno: il repertorio di Fabrizio De André è straordinario, si sa. Come è pure noto quanto sia ostico misurarsi con un’opera monumentale e con un cantautore leggendario, ancor più se sei suo figlio. In passato, Cristiano De André ha forse troppo sofferto un confronto doloroso, alimentato da aspettative su di lui sempre alte, tenuto conto degli indubbi talenti – come (poli)strumentista, compositore, arrangiatore – e di quella voce calda e profonda, così simile a quella del genitore.

Col tempo, Cristiano ha superato i complessi: prima racchiudendo in quattro dischi una quarantina di brani di Faber, riarrangiati come già avrebbe dovuto fare per un nuovo tour che Fabrizio De André aveva programmato, ma che non riuscì a realizzare, vinto dalla malattia; quindi portando sui palchi della Penisola una selezione personale di quelle canzoni, «perché – ha spiegato al pubblico di Edolo, poco meno di un migliaio di spettatori, molto caldi – sono opere che raccontano un pezzo di storia del nostro paese, e credo che vadano riprese da qualcuno, magari un parente, perché mio padre merita di essere conosciuto dalle nuove generazioni».

L’apertura

  • Il trio formato da Diego Ghenzi, Roberta Selva e Giorgio Cordini che ha aperto il concerto di De André
    Il trio formato da Diego Ghenzi, Roberta Selva e Giorgio Cordini che ha aperto il concerto di De André - © www.giornaledibrescia.it
  • Il trio formato da Diego Ghenzi, Roberta Selva e Giorgio Cordini che ha aperto il concerto di De André
    Il trio formato da Diego Ghenzi, Roberta Selva e Giorgio Cordini che ha aperto il concerto di De André - © www.giornaledibrescia.it
  • Il trio formato da Diego Ghenzi, Roberta Selva e Giorgio Cordini che ha aperto il concerto di De André
    Il trio formato da Diego Ghenzi, Roberta Selva e Giorgio Cordini che ha aperto il concerto di De André - © www.giornaledibrescia.it

In apertura c’è un trio formato da Diego Ghenzi (vocalità intrigante), Roberta Selva e Giorgio Cordini (chitarrista bresciano d’adozione, per anni in tour proprio con Faber). Poi Cristiano, alternandosi a chitarre, bouzuki, violino, piano e supportato da una formazione di rango assoluto (i fidi Osvaldo Di Dio alle chitarre e Davide Pezzin al basso, il cavallo di ritorno Luciano Luisi alle tastiere, l’ottimo Ivano Zanotti alla batteria), ha dimostrato di meritare l’eredità paterna, interpretando con qualità e sentimento (oltre che con arrangiamenti rispettosamente creativi) alcune sue gemme inestimabili, «canzoni - ha argomentato - legate tutte, dalla prima all’ultima, da un filo rosso: l’ansia di giustizia, l’amore posto sopra ogni cosa, e l’umanità di chi si è sempre schierato con gli ultimi».

Emozionanti aneddoti

Corredate da pochi ma emozionanti aneddoti, prendono vita pagine come «Amico fragile» e «Bocca di Rosa», «Andrea» e «Disamistade», «Ho visto Nina volare» e «La canzone di Marinella», «Un giudice» (armonizzata in modo spettacolare) e «Volta la carta». E che dire di «Crêuza de mä», «Il pescatore», «Il testamento di Tito», «Quello che non ho» (ancora più rock dell’originale), «Fiume Sand Creek»? Chiusura di lancinante bellezza, dopo oltre due ore, con «La canzone dell’amore perduto».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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