Musica

Ariete al Brescia Summer Music: «Sono un’anima della notte, amo la sua intimità»

Enrico Danesi
La 22enne sabato all’Arena di Campo Marte. «Io romantica? Preferisco considerarmi "vera"»
Ariete
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All’ombra del Cidneo si era esibita a supporto del duo Psicologi, all’interno del Brescia Summer Music 2021. Nella nostra città, la cantante e autrice Ariete (all’anagrafe Arianna Del Giaccio) torna ora da protagonista, con un live tutto suo, sempre all’interno del festival BSM organizzato dal Cipiesse: l’appuntamento, all’Arena di Campo Marte, è per domani, alle 21.30 (biglietti da euro 34.50 per il posto unico in piedi; info su www.cipiesse-bs.it).

In questi tre anni, la ventiduenne Ariete ha inciso due album in studio e raccolto in un terzo lavoro singoli e tracce degli ep precedenti; ha partecipato al Festival di Sanremo e al Concertone del Primo Maggio; più in generale, si è fatta apprezzare per il tratto sincero, l’impegno e la determinazione. L’abbiamo sentita mentre riposava all’isola di Ponza, in una pausa del tour «La Notte d’Estate».

Arianna, è particolarmente prolifica a livello discografico. Le viene facile scrivere canzoni o risponde alle richieste del mercato?

Vado un po’ a periodi, anche se non sono il tipo di persona che va in studio o si mette a scrivere tutti i giorni. Lo faccio quando sono ispirata, e allora tutto mi viene facile. Non seguo le regole del mercato discografico, per cui devi realizzare tot canzoni, fare tot collaborazioni... Ho la fortuna che anche la mia etichetta, Bomba Dischi, abbia questo stesso atteggiamento, per cui non mi pressa affatto. Lo stesso vale per le collaborazioni, non sono una fan del “le faccio per forza, perché così vuole il mercato”: non mi piego all’idea di pagare qualcuno per un featuring, solo per avere maggiore visibilità. Devo sentire il bisogno, l’urgenza, di fare le cose, e poi le faccio in maniera molto naturale.

Il suo ultimo album, «La notte», è un disco di scenari notturni, per il quale ha spiegato di essersi ispirata al cantautore americano Sufjan Stevens: per l’essenzialità del suono, l’intimità dei testi, o entrambe le cose?

Sono andata a chiudere il disco in America e ho fatto tappa al Parco di Yosemite, in California. Lì ho ascoltato tantissimo Sufjan Stevens, che è una grande fonte di ispirazione. In particolare, nello Yosemite ho concepito «Rumore», uno dei singoli dell’album: a Stevens deve tantissimo, per il modo di usare le chitarre, per l’inflessione del canto, per il sound. Le tracce del disco direttamente ispirate da Sufjan sono un altro paio soltanto, ma la sua presenza ideale è costante.

L’elemento notturno ricorre nella sua carriera, lanciata definitivamente dal singolo «L’ultima notte», poi sigla di una nota pubblicità…

In effetti sono un animale notturno, cosa esplicitata nel “merch” (merchandising, ndr) del nuovo tour. Amo far festa, far tardi, vivere di notte, anche perché fatico a prendere sonno. Della notte amo non solo l’intensità, ma pure l’intimità, la possibilità di riflettere che si porta dietro.

Se dico che le sue canzoni sono (anche) romantiche, che mi risponde?

Che “romantica” è una bella parola, con un bel suono. Ma l’aggettivo che preferisco per definirle è “vere”: scrivo le cose che sento e le restituisco come in un flusso di coscienza. Non c’è nulla di artificiale o studiato, voglio che arrivino dirette, che siano percepite come vere. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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