Musica

Al Teatro Grande la «Bohème» mischia futuro, vintage e gen-Z

Marco Bizzarini
Maria Luisa Bafunno, regista della «Bohème» che andrà in scena al Grande venerdì 11 ottobre, chiude l’opera pucciniana in una «scatola dei ricordi»: l’intervista
La Bohème ambientata ai nostri giorni - Foto Andrea Butti
La Bohème ambientata ai nostri giorni - Foto Andrea Butti
AA

Rodolfo viene dal futuro, Mimì è una ragazza dei nostri giorni ma vestita in stile “vintage”, Marcello è un artista di strada, Musetta un’influencer e Schaunard una personalità «genderfluid». Così la regista Maria Luisa Bafunno rilegge gli immortali personaggi della «Bohème» di Puccini in un progetto teatrale che le è valso la vittoria del concorso di OperaLombardia riservato a team creativi under 35 per la stagione 2024-25.

Già andata in scena a Como, l’innovativa produzione approderà anche al Teatro Grande di Brescia venerdì 11 ottobre (alle 20.30, replica domenica 13 alle 15.30 per il Turno B, info sul sito) con un cast di giovani cantanti tra cui il soprano Maria Novella Malfatti (Mimì) e il tenore Vincenzo Spinelli (Rodolfo); sul podio, il maestro ventiquattrenne Riccardo Bisatti.

«È vero – precisa la regista – che ho trasposto nella contemporaneità la vicenda della “Bohème”, ma l’ho fatto con il massimo rispetto delle relazioni fra i personaggi che si colgono nel libretto di Illica e Giacosa. Alla vigilia della rappresentazione di Como, specialmente durante la conferenza stampa, temevo qualche reazione negativa da parte di chi è più legato alle tradizioni, e invece posso dire che alla fine è andato tutto molto bene».

Maria Luisa Bafunno, anche lei, come tutto il team che ha realizzato lo spettacolo, appartiene alla generazione under 35. Come formazione ed esperienza, proviene dal teatro musicale o da quello di parola?

Come regista ho iniziato giovanissima, a vent’anni, con uno stage al Teatro alla Scala e non esito a dire che proprio l’opera è al centro dei miei interessi, anche se non in modo esclusivo.

In questa rivisitazione della «Bohème» lei immagina che un Rodolfo anziano ripensi con nostalgia alla propria giovinezza. Se i bohémiens vivono ai nostri giorni, allora Rodolfo dovrebbe ricordarli intorno al 2060: è così?

Direi di sì: la prospettiva temporale è questa. Ho chiamato il mio progetto «la scatola dei ricordi» perché la vicenda si svolge attraverso gli occhi di un Rodolfo che arriva dal futuro e ritrova alcuni oggetti della sua giovinezza. Una cuffietta rosa, un quaderno di poesie, una candela profumata, una fotografia sbiadita diventano il filo conduttore per un viaggio nel tempo, riportando Rodolfo alla «bella età d’inganni e d’utopie».

Condivide l’idea che il capolavoro di Puccini, pur potendosi annoverare tra le opere più commoventi e lacrimogene in assoluto, presenta anche situazioni comiche?

Senza dubbio. C’è un’irresistibile comicità in diverse scene dei nostri bohémiens, che fra di loro s’intendono a meraviglia (per esempio quando si prendono gioco del padrone di casa) e possono così far fronte in allegria anche alla loro miseria. Poi però il lato tragico s’impone prepotentemente.

Su quale opera le piacerebbe lavorare in futuro?

Il lato comico della «Bohème» mi ha fatto venir voglia di affrontare un autore come Rossini, ma il grande amore resta Puccini, magari con «Turandot» o «Butterfly».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@Buongiorno Brescia

La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.